La sfida dei prossimi anni: giovani tra volontariato e fiducia nelle istituzioni
L'editoriale di Pasquale Riccio, responsabile rapporti con il Terzo Settore della cattedra Unesco sull'Educazione alla salute
Tra i dati emersi dal rapporto giovani 2019 della Fondazione Toniolo ad attirare particolarmente l’attenzione sono quelli che fotografano il rapporto dei giovani con l’impegno nel volontariato e più in generale la loro partecipazione sociale. Il 60,5 % dei giovani interpellati non ha mai svolto attività di volontariato, percentuale che arriva al 78% tra coloro che non hanno almeno un diploma. Inoltre, solo il 5,7 % dei giovani afferma di essere impegnato in tali attività in modo continuativo. Questi dati ci offrono la possibilità di provare a delineare qualche proposta al fine di creare i presupposti per un futuro diverso del rapporto dei giovani con le istituzioni e del loro coinvolgimento nei processi decisionali.
Nel rapporto Toniolo si evidenzia chiaramente come i giovani, tra tutte le istituzioni, mostrino maggiore fiducia (seppure appena sufficiente) nei confronti della scuola e del volontariato: da questo dato i decisori politici potrebbero avviare un periodo di riforma nei programmi scolastici prevedendo maggiori sinergie con gli enti del terzo settore a partire dalla scuola primaria o dalla scuola secondaria di primo grado. Tali sinergie dovrebbero essere organizzate per evitare che diventino fortino ideologico di pochi, ma impegno concreto e reale per stimolare nei giovani la maturazione di un pensiero critico che abbia sempre presente l’importanza del sostegno al prossimo.
Il terzo settore ed il volontariato diventerebbero fonte di apprendimento costante di soft skill da riutilizzare per l’inserimento nel mondo del lavoro o la scelta di percorsi di alta formazione. Il ruolo del volontariato non si esaurirebbe con queste iniziative, ma avvierebbe i giovani alla “partecipazione” con maggiore consapevolezza e fiducia.
Dal rapporto Giovani 2019 risulta chiaro che i giovani impegnati in azioni di partecipazione siano in realtà sfiduciati rispetto al reale impatto che esse possano avere sulla società. Su questo non posso che esprimere un personale giudizio negativo di come siano considerati gli strumenti di partecipazione di cui i giovani potrebbero beneficiare. Penso ai Forum comunali in cui i giovani sono, nel migliore dei casi, spronati ad essere una bella copia “istituzionale” di associazioni culturali o ricreative.
Non mancano grandi esempi di serietà nati dalla consapevolezza di singoli illuminati (provenienti dai più diversi percorsi formativi e politici), ma non è più concepibile, considerato lo stato in cui siamo, sperare in singole ed isolate avventure di successo. Sono troppe, infatti, le opportunità non colte in questo ambito: da una reale formazione personale alla possibilità di migliorare i contesti in cui si vive avviando reali percorsi di cittadinanza attiva usufruendo di fondi nazionali ed europei.
La volontà dei giovani di mettersi al servizio della comunità è un grande potenziale e non dovrebbe essere sprecato. Perché non provare a riorganizzare i percorsi di partecipazione giovanile promuovendo in modo serio anche una formazione sul tema dei decisori politici? Troppo spesso essi sono i primi a non conoscere le grandi possibilità offerte dagli strumenti che si ritrovano ad organizzare e coordinare una volta arrivati ai vertici delle istituzioni. Ne gioverebbero i giovani e ne trarrebbero grande vantaggio proprio le istituzioni il cui compito, oggi, è recuperare la fiducia persa nel corso degli anni soprattutto da parte di coloro che rappresentano, senza tanti giri di parole, realmente il futuro del nostro Paese (in una scala da 1 a 10 la fiducia dei giovani nelle istituzioni politiche è pari al 3.9 %).