Brexit e giovani. Cosa cambia per il programma Erasmus+? Intervista al Direttore dell’Agenzia Nazionale Giovani
L’ANG è l’organismo che gestisce in Italia Erasmus+, il più grande programma di mobilità giovanile nell’Unione Europea. Con il suo Direttore, Giacomo D’Arrigo, tracciamo i contorni dello scenario che si apre per i giovani europei nel dopo Brexit.
E Brexit fu! Tante le analisi che sono state fatte sul voto dei giovani. Lei cosa ne pensa?
Difficile schematizzare in modo univoco come fatto da alcuni. Ci sono sentimenti contrapposti ed una serie di fattori da tenere in conto. Ci sono giovani che per anni hanno idealizzato, sognato, immaginato e costruito la loro Europa; sono quelle ragazze e quei ragazzi che sono andati a votare e soprattutto hanno scelto di restare convinti dell’importanza dell’Europa e delle opportunità che offre per il loro futuro. Poi ci sono i disillusi, quelli che vedono nell’Unione Europea non un sogno per il quale impegnarsi quotidianamente e una strada da perseguire, ma solo un sistema fatto di tecnicismi e burocrazia. Ora più di prima sta a noi il compito, anche attraverso strumenti come Erasmus+, di portare tutti nella direzione di sentirsi sempre più cittadini europei.
In concreto quali conseguenze si avranno su Erasmus+?
Una nota informale della Commissione Europa ci ha confermato che le attività già in corso proseguiranno regolarmente fino alla loro originaria scadenza. Attendiamo ora comunicazioni ufficiali con tutte le informazioni utili che sarà cura dell’Agenzia Nazionale Giovani fornire ai beneficiari, o potenziali tali, anche in vista della prossima scadenza del 4 ottobre pv. Già da ora però voglio tranquillizzare i tanti giovani che aspirano a partecipare al programma che Erasmus Plus non è rivolto solo a Paesi UE, ma anche ai Paesi dello Spazio economico europeo (Norvegia, Islanda, Liechtenstein), quelli candidati (Turchia, Ex-Repubblica iugoslava di Macedonia) ed anche a Paesi Extra UE. Quindi le attività di mobilità potranno proseguire anche con il Regno Unito.
Per rafforzare il senso di appartenenza dei giovani all’Ue si sta lavorando, con l’Italia in prima fila, ad una proposta di Servizio Civile Europeo. Ancora aperta è la questione sulla necessità di elaborare un modello ad hoc o adottarne uno esistente. Lei cosa ne pensa?
Il dibattito è sempre indice di attenzione su un tema ed è quindi bene che se ne discuta tanto perché il Servizio Civile Europeo si candida ad essere uno strumento fondamentale per la crescita e lo sviluppo delle giovani generazioni. A mio avviso bisogna andare verso una semplificazione di strumenti esistenti per le nuove generazioni. Sarebbe la scelta migliore anche per rendere più facile la ricerca di informazioni e facilitare le loro scelte future. Duplicare strumenti esistenti potrebbe essere un limite. Dal punto di vista politico si deve lavorare per creare occasioni al fine di implementare lo SVE e puntare al massimo su questo strumento rendendolo sempre più forte.