Intervista al Portavoce del Forum del Terzo Settore: Siamo pronti a fare la nostra parte ma la politica ritrovi lo “sguardo lungo”

di Francesco Gentile

Continua l’approfondimento sulle prospettive del non-profit in Italia. La parola a Pietro Barbieri, Portavoce del Forum del Terzo Settore. (Francesco E. Gentile)

barbieri Il Prof. Zamagni in un articolo di fine anno su Redattore Sociale ha lanciato forte l'allarme sulla disattenzione della politica verso il Terzo Settore. Lei stesso più volte ha sollecitato il Governo a sostenere bene, e meglio, il mondo no-profit. Come è la situazione?
Il tema principale è la crisi economica e sociale che ha radici culturali e politiche. L’idea che la comunità in cui viviamo possa crescere solo di arricchimento economico degli individui, ha generato un paradigma sbagliato che ha aumentato enormemente le disuguaglianze. È evidente che quel modello di sviluppo è entrato in crisi impoverendo le popolazioni e lasciandole senza una prospettiva di cambiamento. L’economia sociale, rispetto la quale sembrano convergere le forze politiche e analisti di ogni provenienza, fatica a trovare le condizioni per poter rappresentare una vera alternativa. L’approccio delle forse politiche infatti continua ad essere di breve periodo: bisogna sistemare i conti dello Stato, creare lavoro, risolvere la distanza tra cittadini e politica. Ciò che viene veicolato è un messaggio chiaro: l’urgenza contrapposta all’immobilismo. È assente una riflessione seria sul modello di sviluppo e pertanto sul recupero di una idea di comunità che sappia crescere in maniera coesa comprimendo le distanze tra le caste e la condizione che i cittadini vivono quotidianamente.
Il Terzo Settore è un paradigma di un modello diverso di sviluppo economico e sociale. La redistribuzione della ricchezza è alla radice, ovvero nei rapporti economici che prendendo vita dall’idea della gratuità e del dono, e si incardina su un differenziale minimo tra le dirigenze con le loro responsabilità, i collaboratori ed i cittadini fruitori e partecipanti alle attività del terzo settore. L’arricchimento individuale è quindi alternativo al benessere della persona dentro la comunità in cui vive anche in termini di sostenibilità ambientale e di approccio culturale.
Le forze politiche non hanno modificato la natura del modello di sviluppo e di conseguenza considerano il terzo settore come stampella che lenisce le ferite delle disuguaglianze.
Analogamente va considerato il tema della partecipazione dei cittadini alla definizione dello spazio pubblico, quindi di interesse della comunità. Ancora oggi il regime democratico si fonda sul rapporto tra cittadino ed eletto, lasciando uno spazio irrisorio all’impegno civico dei cittadini che come dimostra la recente ricerca Istat è in crescita costante.
A fronte di tutto ciò esiste qualche segnale di inversione di tendenza con l’attuale Governo. Dal confronto con vari membri del Governo si sono recuperati alcuni provvedimenti vessatori che i precedenti governi avevano emanato: il finanziamento al Fondo per la Non Autosufficienza, i quasi 500 milioni sul contrasto alla povertà per il 2014, come l’eliminazione dell’aumento dell’Iva alle cooperative sociali ne sono una testimonianza. Chiaramente però le aspettative di riforme del sistema di protezione sociale, di sostenibilità ambientale e di crescita culturale che nutrono i cittadini sono ben più rilevanti.

Uno dei dati citati da Zamagni è la normativa di favore prevista per il finanziamento ai partiti denunciando una evidente disparità con il regime fiscale per le donazioni al no profit. Condivide la denuncia?
Abbiamo sottolineato più volte come il 5 per mille e più complessivamente le agevolazioni fiscali per le donazioni rappresentino l’unico strumento di sussidiarietà che il nostro Paese mette in campo. Solo attraverso quegli strumenti i cittadini sono incentivati a scegliere liberamente di sostenere organizzazioni del no profit che agiscono per il benessere della comunità. L’assenza di una stabilizzazione del 5 per mille piuttosto che di un quadro di agevolazioni fiscali, è frutto del breve respiro della politica sopra citato. Ovviamente ritorna la centralità del rapporto tra cittadino ed eletto e quindi si privilegia la normazione di quegli strumenti a favore dei partiti. Occorre una rivoluzione culturale che trasformi l’urgenza del fare in un nuovo orientamento verso la coesione sociale e il protagonismo dei cittadini.

Partendo dalle riflessioni Zamagni prima e dall'editoriale di Bonacina su Vita non crede che occorra un cambio di passo del no-profit in Italia per sfuggire al rischio "auto-referenzialità"?
Il rischio di autoreferenzialità è implicito nel quadro tratteggiato: l’impegno civico dei cittadini va avanti a prescindere dalla capacità della politica di farsi carico di uno sguardo lungo. Questa consapevolezza non può però trasformarsi in una chiusura refrattaria alle sollecitazioni che una società in crisi produce. Il tema è nell’orizzonte dell’innovazione che si intende imprimere. Il terzo settore fonda la propria esistenza su impegno civico, riduzione delle disuguaglianze, nuovi spazi pubblici per l’inclusione, il rispetto per l’ambiente in cui viviamo e una crescita culturale di tutti gli strati sociali. Pensiamo quindi ad una capacità dell’intera comunità nazionale di investire in modo crescente e sostanziale su queste politiche.
A fronte di ciò anche il terzo settore deve fare la sua parte: si rende necessario un percorso di maggior consapevolezza di sé, per  costituirsi quale attore sociale a pieno titolo, consapevole delle proprie responsabilità, conscio della propria forza, capace di creazione di spazi di partecipazione democratica e di autonoma proposta.

Su quali temi lavorerà il Forum del Terzo Settore in questo 2014?
È evidente che la priorità è nell’emergenza sociale della povertà assoluta e del rischio di impoverimento di ceti sociali finora tutelati da una capacità reddituale o da protezione sociale. Inutile richiamare dati a tutti noti. Urge l’adozione di un piano nazionale di contrasto alla povertà e al rischio di povertà nel quale convivano misure di sostegno al reddito con percorsi di inclusione sociale. Tra questi pensiamo anche alla produzione  di posti di lavoro per fasce svantaggiate nel terzo settore. Infatti quel modello di cui siamo portatori è nelle condizioni di poter farsi carico delle nuove emergenze qualora sia valorizzato e reso paradigmatico della crescita del Paese. Pertanto è necessario adottare nuovi strumenti che riformino e accrescano quelli esistenti per il sostegno al volontariato, all’associazionismo di promozione sociale ed alla cooperazione sociale.