"Arte contro cosa nostra": manifestazione pacifista contro le mafie. 100 giovani non partecipano

di Anna Laudati

E’ polemica. Si è trattato di omertà, paura o di semplici assenze? (di Giuseppina Ascione)

 

 

arte_contro_cosa_nostra.jpgLo scorso 6 settembre il Teatro Massimo Bellini di Catania ha organizzato uno spettacolo di danza in Piazza Palestro, che aveva l’intento di manifestare pacificamente contro le mafie, e a cui hanno preso parte circa duemila giovani provenienti da ventiquattro tra scuole di danza e associazioni. Ma cento giovani a causa dei genitori preoccupati per l’ incidenza del titolo dell’iniziativa “Arte contro cosa nostra” sono rimasti a casa A seguito di tali decisioni  si sono susseguite le polemiche. 

Il sovrintendente del teatro, Antonio Fiumefreddo, ha spigato che il tema della lotta alle mafie è un tema di cui i giovani devono interessarsi e imparare a fare qualcosa. Il linguaggio della danza, che è un linguaggio universale è, secondo lui, la forma migliore per manifestare solidarietà e disdegno rispetto a un tema difficile quanto attuale, raggiungendo quante più persone possibile di cui l’affluenza in piazza Palestro è stata una viva e chiara testimonianza.

 

Purtroppo la mancata partecipazione di quei giovani ostacolati dalle famiglie, rende chiara la paura che ancora vige rispetto a tali temi. La gente continua ad aver paura, non considerando che queste manifestazione sono il segno della mobilitazione cittadina contro le mafie e della partecipazione civile. 

 

Come giovane impegnata nella lotta alla camorra, credo che le generazioni che ci hanno preceduto continuano a sentirsi nella morsa della criminalità organizzata, facendo in modo che i clan continuino ad avere il sopravvento sulle nostre città e sulle nostre vite. Il vero problema è riuscire ad insegnare loro che la lotta alle mafie è possibile solo attraverso l’unione della collettività e la convinta avversione a fenomeni come il racket, l’estorsione e il lavoro nero.

 

Duro anche il commento di Rita Guma, presidente Osservatorio sulla legalità e sui diritti onlus, che in una lettera scrive: “se la resistenza dei genitori alla partecipazione dei figli e' stata generata dalla mancata condivisione della motivazione antimafia, allora la condanna (alle famiglie) e' condivisibile, ma se invece e' stata determinata dalla preoccupazione per eventuali ritorsioni sui figli (siamo a Catania), quei genitori hanno ragione”.

 

E’ delle ultime ore la notizia che i direttori delle scuole di ballo dei ragazzini assenti che hanno polemizzato smentendo le notizie di questi giorni e spiegando che si è trattato solo di critiche infamanti, dicono che si è trattato di normali assenteismi e così commentano: “Ma quale paura della mafia! Si è trattato di poche assenze isolate, chi afferma il contrario è in malafede”. Vittorio Romano, titolare di una delle scuole di danza che hanno preso parte alla kermesse e in cui si sono registrati molti assenti, parla di normali preoccupazioni di genitori apprensivi che temevano per la prolungata attività fisica dei figli sotto il sole rovente.

 

Al di là delle polemiche, quello che dispiace è il non essere riusciti a mettere d’accordo tutti rispetto a un tema, come quello dell’ antimafia, che dovrebbe essere indiscutibilmente condiviso da tutti.