L’Istat fotografa l’Italia

di Lorenzo Quilici

L’Istat, come ogni dicembre, pubblica il rapporto che permette, in modo divulgativo ed efficace, di venire a conoscenza dei dati che caratterizzano l’Italia e la sua popolazione. (Lorenzo Quilici)

 

rapporto_istat I dati, come si poteva facilmente ipotizzare, non sono particolarmente rosei poiché registrano il calo demografico, l’invecchiamento della popolazione, lo scivolamento nella povertà (la ricchezza delle famiglie si è ridotta del 50%).

Nemmeno per i giovani la situazione è buona: l’Istituto nazionale di statistica ha fotografato una nazione che è avara con la sua gioventù. Infatti, la disoccupazione galoppa, non solo tra gli adulti ma anche tra le giovani generazioni: gli under 35 disoccupati sono un milione e centomila. Se i prendono in considerazione i cosiddetti “Neet” (coloro che né studiano né lavorano, Not in Education, Employment or Training) la cifra aumenta vertiginosamente, raggiungendo i 2 milioni. Non conta il grado di istruzione: fino a 29 anni il tasso di disoccupazione tra i laureati è addirittura più alto rispetto a quello dei diplomati. Infatti, il tasso di disoccupazione dei laureati sotto i trenta anni è del 16%, mentre quello dei diplomati under 30 è del 12,6%.

Si abbassa rispetto agli anni precedenti anche il grado di istruzione: i giovani iscritti per la prima volta all’università nell’anno accademico 2010/2011 sono scesi a 288 mila, circa 6400 in meno rispetto all’anno precedente (-2,2%). Viene dunque confermato il trend negativo delle immatricolazioni che ebbe inizio nel 2004, riportando le iscrizioni al di sotto del livello della fine dell’ultimo decennio del XX secolo. Inoltre sono diminuiti anche gli iscritti alle scuole superiori.

Cresce inoltre tra i giovanissimi il “sospetto” che studiare non porti ad essere avvantaggiati socialmente: i ragazzi ai licei preferiscono gli istituti tecnici, ed in generale calano anche le iscrizioni alle scuole superiori.

L’Istat ha indagato anche nel rapporto tra i giovani e il computer: il 90% delle persone tra i 15 e i 19 anni  utilizza quotidianamente il computer, inteso, ormai, come il prolungamento della penna.