2000 battute di servizio civile! La storia di Roberta, la storia di molti

di Gianfranco Mingione

“Servizio civile: una scelta che ti cambia la vita o un “parcheggio” per laureati in cerca di lavoro?” Una domanda che in molti si saranno posti e che Roberta rigira a tutti noi, invitandoci ad una riflessione su alcuni problemi che ancora oggi, troppo spesso, fanno del servizio civile un parcheggio per giovani “in attesa di...”. Per fortuna resta l’amicizia. (Gianfranco Mingione)

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La storia di Roberta, la storia di molti. Quasi sempre, quando si parla di servizio civile, si legge e si ascolta di parole positive, di storie di giovani in servizio per il bene della comunità. Quasi sempre, quando si parla di servizio civile, ci si dimentica invece di quelle storie, molte per la verità, che non vanno a buon fine e che diventano per i molti giovani che le hanno vissute un brutto ricordo. Ciò entra pienamente in contrasto con il senso che deve, dovrebbe avere, tale esperienza di difesa della patria, un’opportunità per i giovani dai 18 ai 28 anni sempre più a rischio per i tagli operati dalla politica. Un’opportunità per i giovani ma anche per gli enti i quali spesso riservano ai giovani aspiranti volontari un’esperienza ben diversa da quella prospettata e presentata durante la promozione dei progetti. Un’esperienza che, di certo, non ti cambia la vita ma si trasforma in un periodo e in un posto dove per forza di cose si deve rimanere, peché là fuori non c’è altro di meglio da fare. 

 

 

Roberta. La mia storia potrebbe sembrare singolare, ma in realtà è molto simile a quella di altri giovani con i quali ho avuto modo di confrontarmi durante il mio anno da “volontario”. Laureata a pieni voti, con alle spalle alcune esperienze di stage in realtà aziendali, mi sono ritrovata a 27 anni senza alcuna possibilità lavorativa. E così un giorno, navigando su internet alla ricerca di offerte di lavoro, mi sono imbattuta in un progetto di servizio civile di un grosso ente di volontariato. Il progetto sembrava molto interessante perché riguardava il settore della comunicazione e della promozione sociale ed era, indubbiamente, molto attinente al mio percorso di studi. Immediatamente ho deciso di fare domanda. Dopo aver superato le selezioni che - devo ammettere - si sono svolte nel massimo della trasparenza, la mia avventura da “comunicatore sociale” è cominciata. L’entusiasmo iniziale, però, è andato lentamente scemando. Il progetto si è rivelato diverso da quello che sia io che altri colleghi volontari ci aspettavamo. Ci siamo ritrovati a svolgere raramente le attività elencate nel progetto e a dover eseguire altre mansioni di ufficio molto più tediose.

L’aspetto positivo di questa esperienza è stata la nascita di nuove amicizie e conoscenze, sia con gli altri volontari che con gli impiegati dell’ente. La maggior parte dei volontari del progetto erano laureati alla ricerca di una collocazione nel mondo del lavoro. Tutti con tanta voglia di fare. Il confronto periodico con gli altri, attraverso gli incontri di formazione, è stata per me la spinta a portare avanti fino alla fine questo percorso. In qualche modo tra noi si era creata una sorta di solidarietà e di reciproca comprensione.

Un’altra pecca della mia esperienza di servizio civile credo sia stata la “formazione specifica” erogata dall’ente. Per “formazione specifica” intendo le lezioni formative che riguardavano l’ambito di competenza del progetto. In alcuni casi i docenti erano persone con meno titoli e competenze dei volontari. Considerando che l’età per poter svolgere il servizio civile è stata innalzata a 28 anni, è facile che i volontari siano giovani laureati, che hanno conseguito dei master o che hanno già altre esperienze alle spalle; per tale motivo la formazione dovrebbe essere adeguata al livello dei partecipanti.

Una delle prime cose che ti spiegano i formatori quando cominci il tuo cammino da volontario è che il servizio civile non è un lavoro. In molti pensano che sia un anno dedicato agli altri, di volontariato sul campo, un anno che ti rende migliore, “una scelta che ti cambia la vita”, come recita il famoso spot pubblicitario. Permane tuttora, tra le persone comuni, l’idea del volontario che svolge quasi esclusivamente attività socio-assistenziali. La realtà dei fatti non è questa. Il servizio civile, per più di qualcuno, è un anno trascorso dietro una scrivania, in attesa di trovare un’occupazione.
Se è vero che il servizio civile per alcuni giovani resta ancora un’esperienza di crescita e di partecipazione attiva, certo è che per altri è diventato un vero e proprio “parcheggio”.

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