Emergenza sanitaria: l’impegno dei volontari nel report dell’Università di Padova

di Redazione

La ricerca, condotta in collaborazione con il Csv Padova, mira a raccogliere testimonianze e motivazioni dei molti volontari che hanno aderito all’appello del progetto “Per Padova Noi ci siamo”

csv padova

Il Dipartimento di Psicologia dello sviluppo e della socializzazione dell’Università degli studi di Padova ha attivato un’indagine per approfondire le motivazioni dei molti volontari che hanno aderito all’appello del progetto e capire se l’esperienza li ha motivati a proseguire attività di volontariato anche in futuro, ad emergenza conclusa. 

“La città si attiva. Il volontariato e la fase 1 del Covid-19" è il titolo del report della ricerca condotta condotta dal gruppo di ricercatrici e ricercatori del Dipartimento di Psicologia dello Sviluppo e della Socializzazione dell’Università di Padova, il cui responsabile scientifico è il prof. Massimo Santinello. 

Il questionario è stato inviato per e-mail nel periodo 17 aprile - 4 maggio 2020 a tutti i volontari e le volontarie che hanno dato la disponibilità al progetto “Per Padova noi ci siamo”: hanno risposto 418 persone, 299 delle quali hanno completato il questionario,(71,5%). Considerando che al 24 aprile 2020 i volontari e le volontarie che stavano già svolgendo attività erano 613, il campione rappresenta circa la metà (48,8%) dei volontari attivi.

Sono per la gran parte donne (66,6%),  età media 40 anni, di nazionalità italiana per il 92,3%. Sono colti: 54,5% laureati, 7,7 hanno un master, 32,8 un diploma di maturità, il 5% la scuola dell’obbligo. La quasi totalità ha un lavoro: solo il 4,3% dichiara di essere disoccupato e l’1,7% di essere in cerca della prima occupazione. Pochi anche i pensionati (8,4%), ma va considerato il rischio di questa fascia di popolazione.

Ai partecipanti all’indagine è stato chiesto di indicare 4 parole che meglio esprimessero la loro motivazione e su tutte sono emerse: utile, solidarietà, aiuto, importante. Rispetto alla percezione dell’emergenza invece le parole sono state: paura, cambiamento, opportunità.

La gran parte dei volontari afferma di essersi occupata di attività come: la consegna delle mascherine alle persone over 75, la distribuzione dei buoni comunali per le famiglie in difficoltà economica e la consegna della spesa e dei medicinali. Non solo. Gli intervistati hanno indicato anche altre attività che non erano presenti nell’elenco fornito: attività relative al centralino, con compiti di gestione e ricezione delle chiamate; ruoli di gestione di materiali da distribuire; coordinamento di altri volontari; accoglienza alle persone senza dimora; consegna delle piante per il progetto “ColtivAzioni”.

Per quanto riguarda le esperienze di volontariato, il 39,4% dichiara di fare  volontariato organizzato, il 31,7% di averlo fatto in passato e il 28,9% di non averlo mai fatto. In riferimento al volontariato episodico, il 43,5% lo svolge attualmente, il 40,6% dichiara di averlo svolto in passato, mentre il 15,9% non ha mai fatto volontariato spontaneo.

Il 43,2% delle persone che si sono attivate per l’emergenza Covid-19 non stava svolgendo altri tipi di volontariato in quel momento;  tra questi l’8,6% dichiara di non aver mai svolto nessun tipo di volontariato in passato.

Rispetto alla percezione personale del rischio il 22,6% dei volontari definisce la situazione di emergenza come molto grave per la propria salute mentre il 73,5% molto grave per la popolazione italiana: il 27,7% dichiara di apprezzare di più il valore della propria vita e il 22,9% prova un maggior senso di vicinanza con le persone.

La ricerca condotta dal gruppo di lavoro del Dipartimento di Psicologia dello Sviluppo e della Socializzazione dell’Università di Padova prevede una seconda fase che sarà presentata in autunno con un appuntamento aperto al pubblico in autunno. L'obiettivo della ricerca sarà  quello di verificare la predisposizione al volontariato passati alcuni  mesi dalla pandemia.

(Fonte articolo: AngeliPress - fonte foto: Redattore Sociale)