Via d’Amelio: dopo 18 anni la verita’ c’e’ ma non si dice

di Vinicio Marchetti

Il giudice Paolo Borsellino è stato ucciso perché si oppose alla trattativa tra Stato e Mafia. Un esempio per noi giovani. (Vinicio Marchetti)

borsellino

Oggi, 19 luglio, ricorre uno degli anniversari più importanti che la nostra storia ricordi. Non è né la Festa della Liberazione né quella del Lavoro, è l’anniversario della morte del giudice Paolo Borsellino. Il ricordo della sua dedizione al dovere, alla moralità, al desiderio di aprire la mente al fresco profumo di libertà che rinnega il puzzo del compromesso morale, rimarrà impresso negli occhi di tutti noi per le infinite generazioni di la da venire. Lui e gli uomini della sua scorta trovarono la morte nell’estate di 18 anni fa in Via D’Amelio, di fronte l’abitazione della madre del grande magistrato.

Sono stati molti, in questi giorni, i riconoscimenti fatti alla memoria del giudice eroe (e sono stati tanti anche gli atti di vigliaccheria e ignoranza, a cominciare da quegli animali filo-mafiosi che si sono accaniti sul monumento a Falcone e Borsellino oltraggiandolo e ledendolo) ma sono state completamente omesse le rivelazioni fatte proprio in questi giorni che fanno chiarezza sul movente del suo omicidio.  

Il documento autografo di Vito Ciancimino non ha fatto altro che eco a quanto già affermato dal pentito Gaspare Mutolo, Paolo Borsellino venne ucciso perché si oppose con tutte le sue forze alla trattativa tra Stato e Mafia. QUESTO diede troppo fastidio, molto più degli arresti eccellenti e della sconfinata legge morale che irradiava il giudice. Lo stesso identico destino che travolse Giovanni Falcone appena un mese prima.

Quest’ultimo, appena insignito della carica di Superprocuratore antimafia, (carica che poi sarebbe dovuta succedere proprio a Borsellino) avrebbe sicuramente impedito che lo Stato scendesse a patti con la schiuma più venefica che questa terra ha saputo creare. Se vogliamo, una presa di posizione quasi scontata per uomini dalla caratura etica di Paolo Borsellino e Giovanni Falcone. Tutt’altro per la politica che, invece, a patti con la Mafia ci scese, anche quando la nostra storia, la storia degli italiani onesti, era già stata macchiata dal sangue delle stragi di Capaci e Via D’Amelio.

Perché nessuno parla della lettera di Vito Ciancimino? Forse perché inserisce le stragi in un discorso che va oltre la lotta alla Mafia che i magistrati svolgevano in quegli anni? Forse perché le parole di Ciancimino, se fossero vere, getterebbero inquietanti ombre sulla magistratura e soprattutto sulla politica? Una cosa è certa: le parole dei pentiti, come nessun altra, hanno portato alla luce una verità chiara, in grado di mettere al loro posto tutte le caselle di questo triste mosaico, le spiegazioni degli “altri”, invece, non hanno fatto altro che infittire la nebbia che l’avvolgeva. A voi trarre le conclusioni.  

«Palermo non mi piaceva, per questo ho imparato ad amarla. Perché il vero amore consiste nell'amare ciò che non ci piace per poterlo cambiare» 

Per noi giovani Borsellino rappresenta un'icona della giustizia e della legalità. Un esempio  da seguire e da stampare per sempre nella memoria. Grazie Paolo…