Il depuratore che inquina Napoli e la “sindrome dell’affare”

di Katia Tulipano

In Campania c’è un emergenza che si protrae da anni e che ricorda quella della monnezza. L’inquinamento del mare da coliformi fecali. Inquinamento che interessa circa 81 Km dei 166 Km di spiagge e che è dovuto al cattivo funzionamento dei depuratori. Di chi è la responsabilità? Come, quando e chi risolverà quest'emergenza? (Katia Tulipano)

cuma

A togliere il sorriso e il respiro ai napoletani questa volta non sono gli ammassi di rifiuti sui marciapiedi, ma un depuratore che funziona male. A causa sua da 30 anni le acque a nord del Golfo e tra Procida ed Ischia non sono balneabili. E’ qui che sfocia il canale di scarico del depuratore di Cuma, il più grande della Regione ed il secondo in Italia. Una sorta di torrente in piena che riversa in mare tonnellate di acqua dal colore marroncino e odore appiccicaticcio. Acque sporche delle case, scarichi industriali e liquami agricoli. E le correnti portano sporco e batteri fecali a km di distanza.

Ma andiamo con ordine. I 5 depuratori della Campania sono quelli di Acerra, Cuma, Napoli Nord, Villa Literno e Marcianise, impianti costruiti circa una trentina di anni fa e che devono ripulire la foce di alcuni fiumi come il Sarno e dei Regi Lagni, antichi bacini idrici di età borbonica pensati come funzionali all’esigenza idrica dell’agricoltura della zona di Acerra e Villa Literno, prima che questi luoghi della Campania Felix, dove vi erano tre raccolti all’anno si trasformassero in una immensa discarica di veleni.

Qualcuno ricorderà il colera del 1973… ebbene da allora si mise in moto la macchina dei depuratori che doveva garantire il disinquinamento. Ancora oggi, invece, ci consegna uno scenario di inefficacia e pericolosità. L’inquinamento del mare che interessa circa 81 Km dei 166 Km di spiagge della Campania è sostanzialmente dovuto al loro cattivo funzionamento. Non hanno mai dato risultati concreti in termini di pulizia delle acque e non hanno mai rispettato gli standard di sicurezza ambientale e sanitaria.

Per constatarlo ictu oculi basta seguire un reticolo di strade polverose che portano a Licola: qui tra le dune mediterranee dove si fanno trottare i cavalli dei maneggi, per la camorra terreno fertile in cui innestare le proprie attività, un fiume di liquami si riversa in mare.

Ora la situazione potrebbe addirittura peggiorare.

E’ di questi giorni, infatti, la notizia della rescissione del contratto tra la Regione e Hydrogest, ditta che per anni ha gestito la depurazione in Campania con pessimi risultati. Preciso il rimprovero che le è stato mosso dall’Assessore Regionale all’ambiente Giovanni Romano: "La società non ha fatto i lavori per migliorare i vecchi impianti di depurazione, non ha collegato le fogne della zona e le acque scaricate in mare non rispettano i parametri di legge". La ditta bergamasca in passato si era difesa sostenendo di non aver mai ricevuto dagli enti pubblici le somme necessarie per realizzare il previsto adeguamento degli impianti. La Hidrogest racconta di contratti non mantenuti, di spettanze mai arrivate dai comuni, e parla di impianto che non funziona, che funziona male. Poi contrattacca. Parla di Comuni che scaricano direttamente a mare. E’ vero.

"Bisogna fare un salto di civiltà" spiega l’Assessore Regionale Giovanni Romano, "la colpa delle acque inquinate è anche dei Comuni e dei cittadini che scaricano le acque sporche nei fiumi e sulla costa". Ma questo è un problema grande. Molto. Quanto la camorra.

Comunque sia, rimane lo scandalo di un disastro ambientale per la collettività.

Lo confermano le indagini della magistratura. "Sembra impossibile, ma i corsi di acqua inquinati che sfociano direttamente in mare sono meno pericolosi delle acque che passano attraverso le griglie contaminate dei depuratori" ha spiegato il pm Donato Ceglie in occasione del sequestro di tre impianti di depurazione di Hydrogest in Campania.

Cosa succederà ora che il contratto è diventato carta straccia? Un flashback agghiacciante riporta al giugno 2009 quando, in seguito ad uno sciopero dei dipendenti di Hydrogest rimasti senza stipendio, tonnellate di liquami sono finiti sulle spiagge. Uno shock.

dichiara il Presidente nazionale dei Verdi Angelo Bonelli, protagonista il 9 agosto di un blitz all’interno degli impianti di Cuma insieme al segretario regionale Francesco Emilio Borrelli ed il presidente provinciale di Napoli Carlo Ceparano.

Agli ambientalisti si sono uniti proprietari dei Lidi e l’associazione “Costa dei sogni”, da anni impegnata nella lotta al problema. Davanti a quella triste costa dove, salvo eccezioni, non si possono mettere piedi in acqua, sospirano pensando a quando quella era la spiaggia per la villeggiatura della nobiltà. Ma non si arrendono. Il legale dell’associazione, Gaetano Montefusco, chiede che oltre ad essere migliorati gli scarichi del depuratore di Cuma siano portati con condotte sottomarine a quattro km dalla costa.

Non basta per realizzare la costa dei sogni.

L’azione per contrastare questo disastro deve necessariamente avere un’articolazione a più livelli. Deve prendere le mosse da un impegno sinergico del soggetto pubblico, del gestore che verrà individuato e della società civile. Diversamente, qualsiasi operazione, sarà una mera lotta contro i mulini a vento.

In altre regioni italiane i depuratori costruiti funzionano e consentono la balneazione delle spiagge che alimenta una fetta notevole dei posti di lavoro regionali a valle di corsi d’acqua che ricevono scarichi di cittadini molto più numerosi dei campani e di attività industriali e zootecniche intensive, come in Emilia-Romagna.

Come mai non avviene anche in Campania? La risposta è in quella che potrebbe definirsi “sindrome dell’affare”. Esplode irrefrenabile in certe persone, indipendentemente dalle aggregazioni partitiche, quando “gestiscono” il denaro pubblico. Li attrae irresistibilmente per cui si fanno in quattro al solo fine di spenderlo per farlo “fruttare”. Se speso nel senso di realizzare opere che danno beneficio all’ambiente, alla salute dei cittadini e che diventano motore di tutela delle risorse naturali di importanza strategica per lo sviluppo socio-economico sostenibile e duraturo, sarebbe anche il male minore. Durante il tragitto può capitare qualche incidente!

Dobbiamo pensare che finora per costoro il funzionamento corretto dei depuratori che inquinano i litorali non è stato ritenuto una necessità?