Donne. Il diritto di difendersi dalla società

di Chiara Matteazzi

“Montami a costo zero”. Questo slogan pubblicitario, attualmente bloccato,  non ha bisogno di spiegazioni o commenti, ma chi tace acconsente... (Chiara Matteazzi)

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Questo non vuole essere l’ennesimo trattato sul femminismo, né tantomeno una paternale moralistica, ma un appello agli individui, ai cittadini, di qualunque sesso ed età. Un invito a riflettere, da un particolare punto di vista, sulla società in cui viviamo e sugli schemi che essa giornalmente veicola e trasmette. Molti episodi, recentemente, hanno riportato in luce, in maniera per altro ancora poco apprezzabile, il legame oggi spesso indissolubile tra donna, politica, società e sesso.

Dopo mesi, l’immagine di una donna seminuda accompagnata al manifesto “Montami a costo zero” è stata finalmente bloccata. In interviste altrettanto recenti, alcuni politici hanno dichiarato più o meno apertamente che è normale vendersi e utilizzare il proprio corpo in nome della carriera. Ovviamente quelli appena citati non sono casi isolati, e quello che è più preoccupante è notare come ormai tali episodi vengano comunemente accettati e si stiano pian piano trasformando in un nuovo “costume” a cui, tutto sommato, non si da poi tanto peso. 

Queste riflessioni innescano una domanda fondamentale: fino a che punto gli individui sono intellettualmente autonomi? È davvero possibile, dunque, che la società (benchè palesemente malata) ci plagi così tanto da farci accettare anche cose che ci umiliano come esseri umani?

È vero, non è facile rimanere estranei alla società che ci ha cresciuto sin dall’infanzia, ma dobbiamo pur disporre tutti, in qualche modo, di un’occhio vigile capace di indignarsi di fronte a manifesti di donne nude e dall’aria provocante piazzati in ogni angolo della città, o di fronte allo spettacolo fatiscente di ragazze in abiti succinti, perennemente sorridenti e intente a indossare i panni di “bella e stupida”. Perché, a ben guardare, questo è lo stereotipo prepoderante che ci offre oggi l’informazione media. E le reazioni sono troppe poche, anche tra le fila delle donne stesse, a volte più maschiliste degli uomini.

Ecco perché dobbiamo ritrovare quest’occhio, rimettendolo saldamente al di sopra di ogni altro condizionamento sociale. Nessuno può permettersi il lusso di sottrarsi a questo obbligo morale, perché i primi a farne le conseguenze siamo noi e di conseguenza i nostri figli, e i figli dei nostri figli. Mi chiedo spesso: perché oggi risulta così “fuori moda” indignarsi o sollevare delle questioni etiche? Da quando l’essere umano in generale, e il cittadino in particolare, è scoraggiato dal cercare di migliorare se stesso e gli altri, e pertanto destinato a perdere quell’unica peculiarità che lo distingue dagli animali? Come siamo arrivati fin qui?

È necessario ricostruire un nuovo rapporto tra il singolo e la società, un rapporto più onesto e trasparente. Non possiamo accettare a testa bassa o, peggio, ridere di quanto accade senza pensare che questo nostro atteggiamento non abbia delle conseguenze. È necessaria un’inversione di rotta, un’innalzamento di quella soglia di indignazione personale e collettiva che deve fungere da bussola al nostro vagare.

Ecco perchè queste parole si rivolgono a uomini e donne, senza alcuna distinzione, perché fintanto che entrambi i sessi accetterano che di loro venga veicolata un’immagine distorta e volgare, non sarà possibile alcun progresso. I cambiamenti devono partire da ognuno di noi, solo l’analisi e la riflessione relativa a ogni nostro gesto e le decisioni che da esse ne conseguono possono ritenersi degne di un essere umano e pensante.

Dobbiamo sempre tener presente che  non è la società a fare l’individuo, ma l’individuo a fare la società.