L’appello alla responsabilità dei giovani geografi

di Gianfranco Mingione

Ma cos’è poi un appello, mi chiede garbatamente il signore a spasso col cane col quale m’intrattengo casualmente davanti casa? Non so perché ma in quel momento mi viene in mente Don Milani, le sue lettere che forse alcuni e alcune ricorderanno. (Gianfranco Mingione

geografia

Ma lui, il signore col cane, incalza e mi dice: ma Don Milani scriveva delle lettere, cosa c’entrano delle lettere con un appello? E io mi fermo, rifletto un attimo e sempre con il pensiero di Don Milani per la testa rispondo: è vero, formalmente quelle erano delle lettere ma al loro interno contenevano un appello, una chiamata a piu’ persone ad ascoltare, a rispondere a un sentire diverso, a dialogare. Un po’ come l’appello della scuola.

Sì, perché l’appello che ho tra le mani è uno di quelli che parla di istruzione e formazione, merito e partecipazione e una giusta valutazione. Un appello è importante, una cosa seria, una chiamata come quelle che la professoressa o il professore fanno in classe al mattino per vedere chi c’è e chi non c’è, un richiamo, una sollecitazione a tenere in considerazione il punto di vista di chi rimarca determinate cose che non sembrano andare per il verso giusto.

Il signore col cane va via, non prima di aver dato incuriosito uno sguardo all’appello che ho tra le mani e sornione, con l’espressione di un guitto, di un pulcinella addolorato dinnanzi alla stupidità della morte, chiosa: “tanto è come lottare contro il vento! Lei sa cosa significa vero?

Sarà vero che Eolo non lo si sconfigge facilmente ma in questo appello dei giovani geografi alla loro stessa comunità, io ci vedo tutta la forza e la passione di chi, come Don Milani, e altri prima di lui, hanno saputo non tacere dinnanzi a chi pretendeva di conoscere la verità assoluta, unica e indiscutibile. Qui si parla di cose serie. Si parla del domani e della società che dobbiamo riprendere a costruire. L’appello, lettera aperta che riportiamo di seguito, di cui prima prima firmataria ne è la prof.ssa Borghi, è un invito a riflettere rivolto alla comunità scientifica dei geografi italiani in occasione delle prossime giornate della geografia, appuntamento annuale della comunità. 

Scarica e diffondi l’appello con le firme (le 55 firme sono state raccolte tra precari, dottorandi e ricercatori attraverso qualche rete e mail personali. Poi è stato diffuso i primi di luglio tra tutti i professori e le associazioni geografiche).

Leggi l’appello:

Luglio, 2010

Cari/e Professori e Professoresse, cari/e Commissari e Commissarie,

noi ricercatori e ricercatrici, dottori e dottoresse di ricerca, dottorandi e dottorande, geografi e geografe, abbiamo deciso di scrivervi queste lettera aperta in vista dei concorsi che a breve si svolgeranno o che si stanno svolgendo e che interessano la nostra disciplina.

Negli ultimi tempi, anche a causa della triste situazione nazionale, l’attenzione per il reclutamento è aumentata. Insieme ad essa è aumentata la tensione. Il clima che stiamo vivendo favorisce le divisioni, lo scontento, il malumore, la frustrazione e la sfiducia nel sistema universitario in generale e nella nostra disciplina in particolare.

In diverse occasioni si è parlato di “cambiamento”, di attenzione verso i/le cosiddetti/e “giovani”, di trasformazione di una situazione che “non può andare avanti così”. Noi ci abbiamo creduto e vi abbiamo creduti. Per questo ora siamo qui a chiedervi un segno. Un segno che tenga in vita la speranza che un altro sistema è possibile, un sistema aperto che dia a tutti/e le stesse opportunità. Un sistema fatto di persone che vogliono mettere davanti a tutto l’etica, il merito, la volontà di dare a ciascuno/a la possibilità di essere valutati/e in base alla propria produzione scientifica e alle proprie esperienze di ricerca e di insegnamento; una valutazione che permetta di fare un bilancio sulla propria preparazione e intraprendere, di conseguenza, un percorso di crescita scientifica e disciplinare.

Vi chiediamo di cogliere l’importante occasione di mostrare a tutta la comunità scientifica che il cambiamento è in atto attraverso lo svolgimento di valutazioni comparative che rispettino davvero il significato contenuto nei termini “valutazione” e “comparativa”. Vi chiediamo di valutare quanti/e di noi si presenteranno davanti a voi in maniera equa, serena e corretta, secondo i criteri meritocratici che avete messo in evidenza a suo tempo nei bandi.

Non ci importa chi vincerà. Ci importa come vincerà. Vogliamo che il vincitore o la vincitrice possa essere orgoglioso/a di entrare in un sistema che non lo/la metta in condizione di sviluppare sensi di colpa verso i/le colleghi/e, che possa essere orgoglioso/a di essere entrato/a a far parte della comunità dei geografi/e italiani/e impegnati/e istituzionalmente nella diffusione della conoscenza geografica e della ricerca. Solo in questa maniera il risultato di questi concorsi sarà condiviso e potrà portare a fare un passo in avanti nella risoluzione del conflitto tra precari/e e strutturati/e, tra strutturati/e al loro interno e, ancora più avvilente e deleterio, tra precari/e tra di loro.

Vi chiediamo di porre fine a questa “guerra tra poveri”, per ridare dignità al lavoro di ricercatori/trici e docenti universitari/e, per permettere alle persone reclutate di vincere senza sentirsi addosso quel debito che tutti/e portano con sé, che limita e soffoca la ricerca e la dignità personale, già a cominciare dall’entrata nei dottorati di ricerca.

Facciamo quindi appello alla responsabilità di quanti/e valuteranno e di quanti/e saranno valutati/e perché siano agenti del cambiamento e tasselli di un puzzle che va componendo una nuova immagine dell’Università e della geografia, un’immagine positiva, che combatte la frustrazione e la sfiducia.