Il libro. "Confesso che ho vissuto": un quadro e uno specchio per Pablo Neruda
Una storia assolutamente da leggere come tutte quelli dello scrittore cileno (di Vinicio Marchetti)
Cosa voleva dirci il premio Nobel cileno con la biografia “Confesso che ho vissuto”? I trascorsi storici della guerra in Spagna, il secondo conflitto mondiale, le lotte di liberazione delle colonie descritti con gli occhi della poesia. Ma anche la vita segnata dalle infinite amicizie eccellenti: da Garcia Lorca a Picasso, da Moravia a Elsa Morante. La storia di Confesso che ho vissuto è il vero e assoluto ritratto del poeta cileno. Da essa ne traspaiono sia lo sconfinato talento di artista ma anche i numerosi difetti di uomo.
Le descrizioni si vestono di lunghe e coinvolgenti metafore quando dipinge la paesaggistica. Mentre diventa fanatico e superbo, quando racconta se stesso, le sue idee, il suo stile, la sua filosofia, sempre al di sopra delle parti, lontano dagli schemi comuni. Nonostante questo, Pablo Neruda, donato alla storia nel 1971 come premio Nobel di Letteratura, ruba ogni singola attenzione del lettore con scaltrezza in ogni pagina e, quando anche la lettura si dirige verso rive di pesantezza, il trasporto di voler proseguire quel viaggio sovrasta vigorosamente l'inevitabile sazietà che qualche volta subentra. Neruda si rivela al lettore come un suo pari, a tratti semplice e spiritoso, uno zelante osservatore di vita, ma soprattutto un uomo che ha voluto urlare di aver vissuto, facendo del palcoscenico della storia e dell'arte il suo personale verso più avvincente.