Il libro. "Persepolis": la rivoluzione nasce dall'ironia
Il fumetto iraniano che ha conquistato il mercato mondiale (di Vinicio Marchetti)
Marjane Satrapi fa sul serio, o meglio, no. Il suo capolavoro “Persepolis” si compone di vignette la cui ironia, marcata e provocatoria, conduce il lettore tra le strade d’Iran, tutte pregiate dai nomi dei martiri di guerra, ben prima di quanto non possa fare un qualsiasi aereo di linea. Quattro volumi disegnati da chi ha negli occhi l’orrore di voler descrivere una guerra e nel cuore il desiderio di sgombrare il campo da qualsiasi fraintendimento. Un caso editoriale che nel 2007 è diventato anche film d’animazione riscuotendo le ovazioni della critica.
Una valutazione che, a ragione, decanta le lodi della trama ma che, forse, trascura eccessivamente tutte le madornali omissioni fatte ad un racconto che, senza le quali, perderebbe gran parte della sua anima. Il racconto è tutta una biografia della giovane Marjane, le sue paure, i suoi ricordi ombrati dal malessere di vivere un’esistenza che, in ogni istante, potrebbe naufragare portata via dalle onde del Mar Caspio. Un profilo che, raccontato in questi termini, potrebbe lasciare intendere quasi una rivisitazione del diario di Anna Frank, interpretazione totalmente erronea per chi trascura il fondamento principale: la penna della Satrapi colora la tirannia degli Ayatollah e le bombe di Saddam di uno sfottò che, invece di mascherare la gravità della storia, non fa altro che facilitarne la comprensione rendendola alla portata di tutti. Tuttavia, sia nell’autrice tedesca che in quella iraniana, traspare il sogno di far si che una guerra non venga dimenticata. Marjane Satrapi è figlia di un’altra era. Un’era in cui la ribellione ad un regime sembra qualcosa fuori dal tempo. Ma Persepolis è un’opera fuori dal tempo. E nelle sue pagine si può leggere distintamente che nessuna dittatura potrà mai toglierci la voglia di ridere.