Le tre qualità di un giornalista del sociale: conoscenza, curiosità e umiltà

di Anna Laudati

Primo seminario romano organizzato da Redattore Sociale. Intervista a Don Vinicio Albanesi (di Gianfranco Mingione)

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"Giornalisti nonostante. Sussulti, idee, scenari per una professione bella e possibile". Questo il titolo della giornata seminariale promossa dall’agenzia Redattore Sociale alla quale ha preso parte anche il Presidente della Comunità di Capodarco e dell’agenzia omonima, Don Vinicio Albanesi, che ha posto l’accento sull’importanza del ruolo del giornalista sociale nel mondo odierno e delle prospettive future della professione per i giovani, pur essendo un percorso difficile da intraprendere: “Essere giornalisti curiosi? È come scegliere - afferma Don Vinicio - di fare l'operatore ecologico: non è un obbligo, ti deve piacere. Una curiosità rispetto alla realtà che è più difficile di quanto si immagini”.

L’incontro, promosso in collaborazione con "Agorà_Scuola del sociale" della provincia di Roma, si è tenuto il 15 aprile 2010 presso il Centro provinciale di formazione professionale di Marino. La giornata è stata animata dalla presenza di giornalisti del calibro di Riccardo Iacona - autore e conduttore di Report e altri programmi d’inchiesta e approfondimento giornalistico - con cui si è discusso di come raccontare la crisi economica e la precarietà,  Paolo Ciani e Boban Trajkovic – il primo responsabile della Comunità di Sant'Egidio per l'area Rom e Sinti  e il secondo mediatore culturale rom - con i quali si è affrontato il tema “Di chi parliamo quando parliamo dei rom”. Presente anche il giornalista inglese David Randall - senior editor del settimanale Independent on Sunday di Londra. Folta in sala la partecipazione degli operatori dell’informazione, tra i quali spiccava la presenza, per numero, dei giovani professionisti. Segno questo che nonostante i tempi e le difficoltà che s’incontrano nel praticare questa professione sono molte le persone che hanno voglia e interesse nel raccontare il sociale sui temi del disagio e della marginalità.  

Perché nasce la Comunità di Capodarco? Come prende forma il progetto di giornalismo sociale di Redattore Sociale? La comunità nasce alla fine degli anni sessanta per una serie di circostanze sia di rilievo nazionale, sia internazionale. Le persone disabili, in quel periodo, o stavano a casa o venivano portate in istituti riabilitativi che non avevano alcun senso se non quello di tenerli in custodia. Finché un giorno, un prete che faceva i viaggi a Lourdes e a Loreto, non incontra un gruppetto di persone e gli dice: facciamo qualcosa di diverso? e loro gli rispondo magari. Ecco che da qui nasce questa grande avventura  sulla disabilità. All’interno di questa grande avventura s’innesca anche una mia vicenda personale che mi ha portato a frequentare una scuola di giornalismo e a comprendere che non bastava fare le cose ma bisognava anche comunicarle perché certe rivoluzioni, progressi avvengono attraverso le idee.  Intorno agli anni si è creata poi l’occasione, dopo diversi tentativi, di far partire questo progetto di giornalismo sociale.

Quanto contano i giovani in questo esperimento editoriale e soprattutto, cosa si sente di dire ai giovani che iniziano questo percorso professionale volto a comprendere delle verità, a incontrarsi con il territorio e a prendere per mano le storie di vita? Io ho molta speranza in questo che è un lavoro a medio lungo termine. Un ragazzo o una ragazza che abbiano voglia di fare questo lavoro, nonostante il difficile ingresso nella professione,  dei risultati anche perché la bolla di fatuità e di superficialità che in questo momento sembra prevalente a mio parere imploderà e che cosa rimarrà? Rimarranno le competenze, le curiosità, le conoscenze e descriverle è molto complicato  ed occorre avere un bagaglio di sapere non indifferente. Se poi la persona ha l’umiltà l’accortezza di farsi guidare e lasciarsi prendere per mano in mondi sconosciuti, il lavoro è già a buon punto. Ma oltre alla curiosità, alle capacità e all’umiltà ci vuole anche una buona dose di onestà, che paga sempre: una persona corretta viene apprezzata e cercata.

Infine, qual è secondo lei e la sua esperienza il linguaggio migliore con cui comunicare il giornalismo sociale? E’ quello dello scrittore. Lo scrittore è colui  che riesce a narrare ciò che vede. Sembra un’ovvietà ma non lo è poiché ci sono dettagli che devono essere descritti, scritti bene per far sì che chi non conosce la storia possa comprenderla. I dettagli, senza ricorrere all’enfasi, sono importanti ai fini della comprensione di una storia: il clima, un’espressione della voce, un’espressione del viso  sono tutti particolari, ad esempio, che se non si è in grado di narrare comunicano lo scritto in maniera lineare e tal modo non è sufficiente. In fondo, il giornalista è anche scrittore.

Per saperne di piu’ su la Comunità di Capodarco e il giornalismo sociale: www.comunitadicapodarco.it - www.giornalisti.redattoresociale.it