Dalla crisi dell'impero di carta al paradosso dell'era di vetro
Al Salone Internazionale del Libro si è discusso del futuro dei giornali e dell’editoria (di Andrea Sottero)
Massimo Gaggi e Marco Bardazzi autori di "Dalla crisi dell’impero di carta al paradosso dell’era di vetro” hanno discusso del problema della crisi dell'editoria con il direttore del quotidiano
Innanzitutto è difficile orientarsi nel grande flusso di notizie che abbiamo a disposizione. La rete, inoltre, dà spazio all’aggressività del linguaggio e alla tendenza a cercare le informazioni solo dove si è sicuri di trovarle più vicine al proprio modo di pensare. A rimetterci, inutile dirlo, è la capacità critica. In più si pone sempre più urgente il problema di chi paga l’informazione nella nuova era. D’altra parte, spiegano, il punto non è solo un tentativo di difesa del ruolo del giornalista, ma il fatto – insindacabile- che oggi la base per quei milioni di notizie che ogni giorno circolano continua ad essere rappresentata, il larga parte, dalle redazioni tradizionali. Purtroppo non si è ancora trovato un modo innovativo di affrontare il problema: i due eccessi che convivono sono una difesa ad oltranza del modello tradizionale e la rinuncia totale a un modello.
Anche nell’interazione tra i mezzi c’è ancora molta strada da fare. Oggi ci si districa tra gli E-Reader,che di fatto propongono i giornali nel loro formato tradizionale, e i vari pad, innovativi, ma senza ancora un contenuto che sia davvero all’altezza delle loro potenzialità. Guardando a questo aspetto si pone anche il problema di come prezzare l’informazione. Ha senso fare pagare un giornale cartaceo, non l’edizione sfogliata sui vari pad. La soluzione sarà probabilmente quella dei micro pagamenti o abbonamenti economici e ad hoc, ma si deve ancora trovare il modo di integrare i vari mezzi. Chi ha un abbonamento on-line a un quotidiano, difficilmente sarà disposto a pagare per le stesse identiche informazioni ricevute sul suo telefonino. Quello che emerge, tuttavia, è che l’informazione di qualità è destinata ad avere un futuro brillante. Lo stesso editore de
Incessante è stato il riferimento al mercato editoriale americano. E’ vero che tutti i giornalisti presenti sono o sono stati corrispondenti per giornali italiani dagli Stati Uniti (e quindi parlavano forti della loro esperienza in quell’area geografica) ma è pur vero che pare riduttivo prendere come punto di riferimento sempre e solo un contesto, per quanto -questo è innegabile- di fondamentale importanza. Un confronto più sviluppato con il resto d’Europa e con i mercati emergenti avrebbe reso l’incontro ancora più costruttivo. Interessante, invece, la presenza dei rappresentati di Google e Telecom: un discorso serio su un settore come quello dell’informazione, oggi, non può prescindere dal considerare la relazione sempre più stretta tra reti e new media. Maruzzi, ad esempio, ha ricordato che Google è arrivata dopo la nascita dell’informazione gratuita in rete e che i primi a dare i contenuti gratuiti su internet sono stati proprio i giornali tradizionali. E’ giusto quindi cercare delle soluzioni condivise ai problemi, ma senza scaricare le responsabilità solo sui motori di ricerca.
Inutile dire, poi, che il flusso di dati, inimmaginabile fino a poco tempo, fa richiede grossissimi investimenti infrastrutturali da parte di chi fornisce le reti. Ma anche qui, dice Barnabè, non si può dimenticare che oggi il 50% della rete di Telecom Italia è impegnata dagli utenti che usano quotidianamente applicazioni peer-to-peer come eMule e Bittorent. Senza contare un altro 20% di rete usato dagli utenti di Youtube. La soluzione, pertanto, è andare oltre i luoghi comuni e le banalità, cercando l’innovazione e l’originalità e tenendo presente che un giornalista di qualità, in un modo o nell’altro, troverà sempre il modo di vedersi remunerato il suo prezioso lavoro: come in altri ambiti viene meno la certezza, non le opportunità. La sfida è saperle cogliere.