“L’ospite inquietante” di Umberto Galimberti. Quando a “pagare” sono i giovani

di Anna Laudati

Un’ospite diverso dal solito ospite, che assale, che trasforma, che imprigiona. Un ospite inquietante, insomma. (Mariella Vinci)

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L'ospite inquietante è il titolo del libro scritto da Umberto Galimberti nel Novembre del 2007, nel quale è analizzata la condizione giovanile nei suoi aspetti. “L’ospite inquietante”è rappresentato dal nichilismo, dall’azzeramento di tutti i valori, che va diffondendosi fra la gente ed in particolare fra i giovani confondendone i pensieri, soffocandone le passioni e quindi rendendoli inerti e con il mal di vivere.

I giovani non stanno bene -dichiara Galimberti- e non a causa delle solite crisi esistenziale ma perché nelle loro vita si aggira un ospite inquietante, che a fine Ottocento, Nietzche chiamava nichilismo.

Quella condizione di estrema malessere, in cui tutti i valori non hanno più valore, che penetra nei sentimenti fino ad annullare il linguaggio emotivo, confondendo i pensieri, cancellando prospettive e orizzonti, tanto da dar vita, insomma ad un analfabetismo emotivo.

Una morte, un azzeramento totale che era stato previsto da Nietzsche tempo fa che ora prende forma provocando uno smarrimento e un vuoto profondo. Galimberti fa notare che l'assenza di valori deriva dalla mancanza di coesione sociale: in effetti i ragazzi a stento parlano in famiglia, non ci sono più gli intrecci di relazioni che esistevano in passato, il mondo dei giovani d'oggi è quello che risponde solo alla logica del consumo, dove però – avverte Galimberti – “ciò che si consuma è la loro stessa vita, che più non riesce a proiettarsi in un futuro capace di far intravedere una qualche promessa”.

E’ qui che si colloca il disagio giovanile come disagio non psicologico ma culturale, vale a dire, segnato dall’incapacità della nostra cultura, di offrire certezze, risposte, stabilità, Galimebrti critica anche la scuola che non è più capace di attrarre i ragazzi, che devono essere attratti emotivamente dagli insegnanti e allo stesso tempo sottolinea il ruolo fondamentale della famiglia, che aiuta a costruire la propria identità in modo forte.

E allora cosa fare?  Bisogna educare i giovani a essere se stessi, sempre e solo se stessi. E gli adulti? Dovrebbero insegnare ai ragazzi “l’arte del vivere” , che trova compimento nel far riconoscere le proprie capacità, non solo facendole emergere ma valorizzandole. Solo in questo modo “l’ospite inquietante” sarà finalmente messo alla porta.

Non si può dar torto al professor Galimberti, in quanto riesce ad andare oltre con profonda astuzia riuscendo a comprende nel pieno la condizione attuale dei giovani, incapaci, per varie ragioni, di immaginare il proprio futuro, tanto meno di costruirlo. Noi giovani rappresentiamo davvero una società di “inetti”?

E cosa fanno gli adulti, i “grandi”, per fare in modo che tutto questo non accada?