Il libro. “Palomar”: saluto alla letteratura del genio Calvino

di Anna Laudati

L’ultimo capolavoro di uno dei narratori italiani più importanti del secondo novecento. "Un uomo si mette in marcia per raggiungere, passo passo, la saggezza… " - Italo Calvino. (Vinicio Marchetti)

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Chi ha avuto “Palomar” (Oscar Mondadori, 1994) tra le mani saprà con certezza che non si tratta solamente dell’opera di commiato di un autore che ha saputo percorrere ogni strada e viottolo della letteratura conosciuta, ma del vero e autentico riflesso della profondità del suo autore.

Dato alle stampe per la prima volta nel 1983, due anni prima della morte di Calvino, Palomar racchiude nei suoi 27 racconti tre elementi fondamentali: descrizione, poesia e riflessione. Tra le sue pagine l’osservazione muta dell’universo diventa filologica, una sconfinata veduta d’insieme di insiemi. Gli oggetti quotidiani, aprendo varchi per nuovi mondi alla via del pensiero, sono turpi attacchi alle certezze dell’uomo. In Palomar tutto si trasforma per alimentare la grandezza dei quesiti esistenziali. Il movimento delle onde, il linguaggio dei merli, la disarmonia delle azioni delle giraffe (considerando la capacità di quest’ultime di assumere ogni significato gli possa essere attribuito). 

Le riflessioni di Palomar sono l’esemplificazione stessa del genio, come dello stile narrativo, di Italo Calvino. Un libro che lo stesso  autore descrisse cosi: un uomo si mette in marcia per raggiungere, passo passo, la saggezza… Un obiettivo che non viene raggiunto da Palomar, forse da Calvino, ma entrambi riescono ad insegnare che la vita può e deve essere vista da un’altra prospettiva. Qualsiasi cosa, anche la più insignificante, lascia sempre una traccia nel percorso di ciascuno di noi. E la reale sostanza delle cose, vista con gli occhi di chi va oltre, spesso, sovverte la realtà stessa dell’esistenza.