“Il giorno della civetta”: il primo e il più grande tra i romanzi che raccontano la mafia

di Anna Laudati

"Si è così profondi, ormai, che non si vede più niente. A forza di andare in profondità si è sprofondati. Soltanto l'intelligenza, intelligenza che è anche leggerezza, che sa essere leggera, può sperare di risalire alla superficialità, alla banalità" - Leonardo Sciascia. Nell'opera di questo grande scrittore italiano, antesignano di questo genere letterario, il primo Urlo che l'arte ha rivolto alla criminalità organizzata. (Vinicio Marchetti)

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La storia della nostra letteratura è pregna di racconti che parlano di mafia. Dai gialli di Camilleri fino ad arrivare al Gomorra di Saviano. Possiamo dire che tutti questi grandi autori hanno un debito di riconoscenza con Leonardo Sciascia. Fu proprio l'autore siciliano a dare vita all'opera “Il giorno della civetta”. Un capolavoro che verrà ricordato per sempre come il primo e il più grande tra i romanzi che raccontano la Mafia.

Descrivere la grandezza di quest'opera appare quasi superfluo, nonché presuntuoso da parte mia. Lascerò che siano le parole dello stesso Sciascia a dare celebrazione di se stesse:

“Io ho una certa pratica del mondo; e quella che diciamo l’umanità, e ci riempiamo la bocca a dire umanità, bella parola piena di vento, la divido in cinque categorie: gli uomini, i mezz’uomini, gli ominicchi, i (con rispetto parlando) pigliainculo e i quaquaraquà… Pochissimi gli uomini; i mezz’uomini pochi, chè mi contenterei l’umanità si fermasse ai mezz’uomini… E invece no, scende ancor più giù, agli ominicchi: che sono come i bambini che si credono grandi, scimmie che fanno le stesse mosse dei grandi…

E ancora più giù: i pigliainculo, che vanno diventando un esercito… E infine i quaquaraquà: che dovrebbero vivere come le anatre nelle pozzanghere, chè la loro vita non ha più senso e più espressione di quella delle anatre… Lei, anche se mi inchioderà su queste carte come un Cristo, lei è un uomo…”

Questa è, se vogliamo, la parte più celebre del romanzo. Il discorso tra don Mariano, potente capomafia del paese, e il capitano Bellodi, giovane ufficiale dei carabinieri, ex- partigiano destinato a una carriera come avvocato, ma che, irradiato da uno sconfinato senso di giustizia, decide di non svestire la divisa.

Quest'opera nasce negli anni 60, quando il govern lo riteneva che il fenomeno mafioso fosse una totale invenzione. Leonardo Sciascia è stato un pioniere. Un uomo che ha voluto mettere la sua profonda cultura, il suo genio, la sua conoscenza sui loschi accordi di piazza al servizio dell'arte.

Ho iniziato quest'articolo scrivendo che tutti gli autori attuali hanno un debito di riconoscenza con Leonardo Sciascia..... ho commesso un errore. Abbiamo tutti un debito di riconoscenza con lui.

"Si è così profondi, ormai, che non si vede più niente. A forza di andare in profondità si è sprofondati. Soltanto l'intelligenza, intelligenza che è anche leggerezza, che sa essere leggera, può sperare di risalire alla superficialità, alla banalità (L. Sciascia)