Il Nobel per la pace continua a far parlase di se’: Pechino annulla visita in Norvegia

di Anna Laudati

Fa discutere ancora l’assegnazione del Nobel per la pace 2010 allo scrittore cinese “dissidente” (secondo la Cina) Liu Xiaobo, attualmente in carcere, condannato ad una pena detentiva di 11 anni per "istigazione alla sovversione". (Ornella Esposito)

1286533528967_0

Era nell’aria da tempo la probabile attribuzione del Nobel a Xiaobo, che già ha trascorso nel 96 tre anni in un <> per disturbo della quiete pubblica ossia per aver espresso critiche nei confronti del partito comunista cinese, in carica dal 1949; la Repubblica Popolare Cinese aveva lanciato, nemmeno sommessamente, il proprio monito al comitato norvegese, ma il messaggio politico è stato, invece, forte e chiaro da parte di quest’ultimo: i diritti umani continuano ad essere negati e la Cina, per la posizione che ha assunto nell’economia mondiale, ha ancora maggiori responsabilità riguardo al riconoscimento degli stessi.

Liu Xiaobo, è stato l’ ideatore della carta 08, un manifesto per la libertà di espressione, il riconoscimento dei diritti civili e per le libere elezioni; partecipò attivamente alle proteste di piazza Tiananmen ai cui manifestanti ha dedicato il suo nobel . La moglie dello scrittore ha appreso la notizia del nobel da Twitter e, dopo poco, si è vista arrivare la polizia cinese in casa che l’ha sequestrata per un paio di giorni per poi ricondurcela, come si apprende oggi sempre grazie al social network, in regime di arresti domiciliari.

Se la persecuzione di Liu Xiaobo è stata tenuta quanto più possibile in sordina dalle autorità cinesi (la sentenza di condanna fu pronunciata il giorno di Natale nel 2009), il Nobel per la pace non poteva passare inosservato e Pechino è andata su tutte le furie cancellando immediatamente un incontro con la Norvegia sul tema del pescato. Le reazioni della comunità internazionale sono state varie: gli Usa hanno ordinato l’immediata scarcerazione di Liu, così come il Dalai Lama, più moderate le reazioni della comunità europea, dell’Italia e della Germania che esprimono soddisfazione per la scelta ma non si spingono a chiedere chiaramente la liberazione del dissidente.

Ma accanto alla soddisfazione di molti, si affiancano anche pensieri critici sul perché solo oggi si sia deciso di riconoscere il Nobel a Liu Xiaobo (che lo ha sottratto all’altro candidato Helmut Khol), oggi che la Cina è diventata la seconda economia mondiale e sta mettendo in ginocchio quella di tutte gli altri paesi. Da altre parti si sostiene che si sono puntati i riflettori su un paese mal sopportato dagli USA. Stupisce,infine, la reazione di Cuba che si dice “disgustata” dall’attribuzione del Nobel a Xiaobo che, tempi addietro, appoggiava la Isla. Il regime cubano grida, come sempre, al complotto sostenendo che il neo Nobel sia un dissidente al servizio degli Stati Uniti, dimenticando che Liu è da undici anni in carcere.

Certo, una considerazione si impone: il governo cinese ha oscurato alcuni siti su cui si parla del dissidente, ed è veramente grave il fatto che l’informazione sia totalmente in mano ad un social network. In Cina, si sa c’è molto ancora da fare riguardo al riconoscimento dei diritti umani, ma sarebbe un errore se noi paesi occidentali guardassino soltanto la “pagliuzza” nell’occhio dell’altro, dimenticandoci della trave nel nostro (chi sposta la produzione in Cina e perché è costretto a farlo?).