Il libro. “Gli amori difficili” Calvino riporta alla luce gli angoli e i versi dimenticati dell’amore

di Vinicio Marchetti

«Sono, per la più parte, storie di come una coppia non s’incontra». Queste sono le ermetiche parole con cui lo scrittore descriveva la sua opera. C’è molto di più, invece. Gli amori difficili è uno dei maggiori esempi di quel gioco intellettuale di cui Calvino ha imparato ad essere maestro, e noi devoti allievi. (Vinicio Marchetti)

italo_calvino Quanto può essere poetico e romantico l’amore che non esiste? Lo insegna Italo Calvino nel suo “Gli amori difficili”, edito da Mondadori. I versi narrati sembrano trasudare simbolismo e la sua prosa è minima, quasi ineffabile, come se volesse adoperare solo un’insignificante ombra di tratto al fine di consentire il massimo risalto della ragione e della concretezza del sentimento. La quasi crudezza delle espressioni non urta in nessun modo con la condizione assoluta di poesia che è (di questo romanzo tanto quanto dell’intera opera calviniana) l’indissolubile colonna vertebrale.

La complessità dei soggetti è lo specchio del genio del suo autore. Le azioni quotidiane sono routine solo all’interno della prigione letteraria che Calvino ha costruito per esse, ma per noi tramutano in punti di rottura filosofica. Stiamo parlando di quell’assenza che ingrassa attendendo il suo amore. Il pensiero che rende di platino la presenza della conferma. I personaggi sono amanti che si dissetano dell’immagine che hanno del loro oggetto d’amore, e non dell’oggetto in sé.

Quest’opera si presenta uno dei maggiori esempi di quel gioco intellettuale di cui Calvino era maestro e, da autentico professore di anima e poesia, ha voluto donarci la lezione su quelle sensazioni che dell’amore fanno parte ma che sono lasciate, come inutili scatoloni, negli angoli bui del dimenticatoio.

Peccato che proprio in quelle vetuste e impolverate scatole si celino i versi più sublimi del sentimento più conosciuto e che, schiavi di una grandezza troppo abbagliante, non trovano la forza per essere descritti, finendo irrimediabilmente per scomparire. È insindacabile il talento di un uomo a cui non occorrono risme di carta per annegare il lettore nella mente dei personaggi. Infondergli un punto di vista in cui identificarsi. Cancellare totalmente la visione dall’esterno. Italo Calvino è psicologo, conoscitore e, al tempo stesso, fine schernitore dell’animo umano. Indiscusso nuotatore sovrano di quel mare composto da pezzi di puzzle che è la psiche dell’uomo. Vi lascio con un pezzo meraviglioso di uno dei racconti che compongono Gli amori difficili, si intitola “Avventura di un fotografo”:

“…Perché una volta che avete cominciato, [...] non c’è nessuna ragione che vi fermiate. Il passo tra la realtà che viene fotografata in quanto ci appare bella e la realtà che ci appare bella in quanto è stata fotografata, è brevissimo. ][...] Basta che cominciate a dire di qualcosa: “Ah che bello, bisognerebbe proprio fotografarlo!” e già siete sul terreno di chi pensa che tutto ciò che non è fotografato è perduto, che è come se non fosse esistito, e che quindi per vivere veramente bisogna fotografare quanto più si può, e per fotografare quanto più si può bisogna: o vivere in modo quanto più fotografabile possibile, oppure considerare fotografabile ogni momento della propria vita. La prima via porta alla stupidità, la seconda alla pazzia”.