Libri. Todo modo, Sciascia mette per iscritto un’omelia per l’Italia degli onesti

di Vinicio Marchetti

L’autore siciliano, disilluso dalla storia del suo paese, imprigiona tra le pagine la sua rabbia. (Vinicio Marchetti).

todo_modo_sciascia Todo modo è una delle opere più famose di uno dei più grandi autori della nostra letteratura moderna: Leonardo Sciascia. Quest’opera vide per la prima volta le stampe nel 1974 e, con velocita e pungente sagacia critica, percorre il filone dei “realistici romanzi gialli” dello scrittore siciliano. La trama è complessa ma notevolmente scorrevole e dinamica. I torbidi intrecci sono i nervi che permettono lo scorrere della storia in essere. Una delle figure più rappresentative dell’opera è don Gaetano. Una figura colta e pragmatica. Una sorta di spartiacque che affascina e colpisce per intuito, ferma determinazione ed eloquente e sottile ironia. A cospetto della personalità del prete anche gli alti prelati e i ministri che, affannosamente gli bighellonano attorno, appaiono incapaci e non all’altezza.

La principale capacità di Sciascia, è ben nota a tutti: un’innata capacità di narrare, in giallo, i vizi di corruzione e compromesso dell’Italia che, già allora, appariva un’imitazione sbiadita del postribolo venereo che è ora.

Una sottile ironia, poi, è data dall’autore stesso con il titolo di quest’opera. Todo modo, infatti, non è altro che la formula di una preghiera recitata da Sant’Ignazio di Loyola, fondatore dell’ordine dei gesuiti. Religione e corruzione, sacro e profano. Un’opera che ha nel dualismo e nel paradosso un fulcro dominante che trascina e invischia.

Con Todo modo sono trascorsi, ormai, una decina di anni dalla pubblicazione del suo capolavoro assoluto (Il giorno della civetta), Leonardo Sciascia appare più incupito, meno speranzoso e sfrontato, forse, solo con maggiore conoscenza della vita che lo circonda.

Appaiono ben lontane, infatti, le parole del capitano Bellodi, “Mi ci romperò la testa!”. Con Todo modo, Sciascia abbandona il lettore a se stesso, distrutto da una realtà in cui i colpevoli hanno un dettaglio univoco: la mancanza del volto.