Artlab08. Ascoltare, imparare, partecipare
Non capita spesso di assistere a convegni dove, oltre ad ascoltare e imparare qualcosa, si possa essere partecipativi e propositivi. In più, quando si tratta di incontri che riguardano politiche culturali o strumenti legislativi e finanziari, la tendenza, almeno nel nostro Paese, è di trovarsi di fronte uno stuolo di distinti professionisti, che assistono più o meno interessati dalla sala, immersi al contempo nei loro pensieri di burocrati maturi e, cosa più importante di tutte -a detta loro-, con una grandissima esperienza, che poi, diciamo noi, è un modo politicamente corretto per dire quello che tutti pensano: uno stuolo di vecchi burocrati! (di Andrea Sottero)
Artlab08 (26, 27 Settembre - Torino), una due giorni di seminari e convegni organizzata dalla Fondazione Fitzcarraldo e dalla Regione Piemonte con il patrocinio della città di Torino, si è distinta innanzitutto per questo: un ambiente per lo più informale, con spazi di aggregazione, come i buffet offerti nella pausa pranzo, in cui partecipanti ai convegni, oltre a conoscersi tra loro, potevano incontrare i vari relatori, parlare, scambiarsi informazioni, contatti, idee. E poi spazi riservati (anche a corollario di alcuni degli incontri) in cui i partecipanti potevano discutere insieme dei progetti realizzati o pensati dalle varie associazioni di cui fanno parte, confrontando punti di forza e criticità e cercando, grazie alle esperienza comuni, soluzioni concrete alle difficoltà.
Tra i relatori erano presenti esponenti del mondo politico (locale e nazionale) dirigenti di importanti istituzioni culturali e di associazioni di dimensione più modeste, professionisti del diritto e della finanza. Una varietà tale di esperienze grazie alla quale è stato possibile trattare le tematiche sotto molteplici punti di vista. Spesso si è trattato di istanze che si contrapponevano, ma lo sforzo è stato proprio quello di non cadere nella trappola dei campanilismi e di cercare invece di armonizzare le diverse prospettive.
Anche la tentazione, quasi tipica delle istituzioni culturali, di lamentarsi dei tagli dell’amministrazione pubblica, è stata per lo più evitata.
Se Gianni Oliva del Comune di Torino, a nome di un buon numero di grandi amministrazioni comunali italiane, ha espresso pubblicamente e formalmente il suo disappunto e la sua preoccupazione per i tagli della prossima finanziaria al settore, tutti, compreso lo stesso Oliva, hanno sottolineato come non ci si possa lamentare senza rimboccarsi al contempo le maniche.
Così si è partiti dal presupposto che una buona programmazione culturale, gestita da enti pubblici in sinergia con quelli privati, pur non producendo grandi introiti (piuttosto dando origine a ingenti spese), di fatto riesce a creare un valore aggiunto (anche economico!) estremamente importante per le città. Torino, che ha recentemente guadagnato la terza stella sulla guida Michelin, ne è un esempio lampante.
Tutti sono poi stati concordi nel dire che le imprese non profit troppo spesso mancano al loro interno di una managerialità tale da poter essere gestite in maniera ottimale, tanto dal punto di vista dell’efficienza delle risorse che dell’efficacia dei servizi che vanno ad offrire. Dietro al (falso) presupposto che le logiche sottese alle organizzazioni non profit siano profondamente differenti da quelle delle imprese commerciali, tali carenze vengono, purtroppo, in molti casi del tutto ignorate. Il rischio è di non riuscire a misurarsi e a sopravvivere in un contesto di competitività che riguarda tutte le imprese, anche quelle che non hanno tra i loro obiettivi statutari la realizzazione di profitto.
Una competitività che, nel settore socio-culturale in modo particolare, non può –e su questo tutti sono stati d’accordo - che fare bene, invogliando la creazione di idee nuove e originali e spingendo le varie organizzazioni a risolvere le inefficienze oggettivamente riscontrabili.
Resta da vedere quale sarà il ruolo dei giovani in questo cambiamento: i relatori, tutti o quasi ormai oltre gli “anta”, hanno espresso il convincimento che un ricambio generazionale continuo e vero sia indispensabile, soprattutto in un settore che basa gran parte della sua attività sulla creatività.
Ma al momento opportuno, saranno in grado loro stessi di mettere in gioco sul serio ragazzi che hanno l’età dei loro figli o addirittura dei loro nipoti? E questi ultimi avranno la sensibilità e l’ambizione di prendersi queste responsabilità? Il numero cospicuo di giovani presenti in sala lascia ben sperare.