Libri. I dolori del giovane Werther, Goethe trasuda irrealtà dell’animo umano

di Vinicio Marchetti

Lo scrittore di Francoforte, con una delle sue opere più celebri, rapisce il lettore e gli mostra l’amore e la disperazione dell’animo umano. (Vinicio Marchetti)

i_dolori_del_giovane_werther “Vivo giorni felici, come quelli che Dio riserva ai suoi Santi; qualunque cosa avvenga di me non potrò dire di non aver goduto le vere, le più pure gioie della vita”.

Questa è una delle frasi principe de “I dolori del giovane Werther”, il capolavoro di Goethe. Quest’opera narra di una realtà alternativa, a tratti surreale e inafferrabile. Un’estranea e inattuale trama in cui le esperienze reali dell’autore si miscelano ferocemente con la tragedia di un suo conoscente. Stiamo parlando, sostanzialmente, di amore, di odio, di sentimenti rivelati, di un diario dalle pagine strappate.

“Sono stato almeno cento volte sul punto di buttarle le braccia al collo! Lo sa Dio che cosa significa vedersi circondato da tanta grazia e non poterla afferrare?”.

Ma chi era veramente questo Werther?

Esimi esperti ne ricollegano la natura a quella di un certo Jerusalem. Verosimilmente, un collega di Goethe ai tempi in cui lo scrittore lavorava al Tribunale dell’Impero. Una figura emaciata che, un tempo, decise di avvicinarsi al cerchio dei suicidi danteschi. Un perfetto quadro della disperazione dell’uomo. Una realtà in cui Goethe si ricollega a Jerusalem attraverso l’empatia e la personificazione.

“Dalle montagne invalicabili fino ai deserti che nessun piede ha mai calpestato, fino agli estremi lidi dell'oceano ignoto, alita lo spirito dell'eterno creatore e si compiace di ogni pulviscolo che lo percepisce e vive...”.

Meravigliosi e rilucenti, questi versi fanno eco a un miracolo che nasce. Werther rappresenta l’urlo del cuore, un foglio bianco in cui il sentimento e composto d’inchiostro. Poesia e forza diventano spada e lancia dello sfogo dell’uomo e l’aria si fa leggera nei polmoni come se fosse inesistente.