Rocco Hunt, ma chi sei veramente?

di Alessandro Etzi

Quando mi è stato chiesto di scrivere un articolo su Rocco Hunt ero in viaggio e nell’immediatezza del momento la prima domanda che mi ha attanagliato è stata: chi è Rocco Hunt? (Alessandro Etzi)

Rocco-Hunt-Sanremo-2014 Mi rendo conto che mentre mi assalgono domande sulla sua identità in rete il dibattito è già aperto, con gli schieramenti del caso: fan, simpatizzanti, tuttologi, critici, troll.

Ho Iniziato una rapida analisi dei contenuti dei numerosi dibattiti e li ho così sintetizzati.

 

 

 

 

PRO

CONTRO

Ha vinto Sanremo, e questo basta per mettere a tacere i detrattori

E’ un rapper bianco, quindi non è un rapper vero

Ha portato a Sanremo un genere che in Italia non è ancora conosciutissimo ed amato

Non ha mai sparato in ghetto né smerciato droghe, quindi non è un rapper vero

Per essere un rapper non è misogino, non dice parolacce e non rilascia interviste sconvenienti

E’ salernitano

Ha diciannove anni

Ha diciannove anni

Ha fatto un testo di denuncia sociale

Ha strumentalizzato una situazione grave che meriterebbe approfondimenti sociologici ed economici, con analisi del contesto territoriale adeguata e immediato intervento delle autorità competenti

Ha festeggiato con mamma e papà sul palco, godendosi il suo giorno buono

È un mammone che balla e canta con mamma e papà, tra l’altro i veri rapper sono tali perché odiano i propri genitori

 

Wikipedia mi offre le prime risposte: Rocco Hunt, all’anagrafe Rocco Pagliarulo, già noto come Hunt Mc (ottima strategia cambiare nome, ha già portato fortuna a Prince e Cat Stevens), è un diciannovenne salernitano, dedito al rap dalla tenera età di undici anni circa. Vanta già qualche collaborazione con nomi noti del settore, per intenderci quelli che una persona che ascolta solo rock come me può aver conosciuto: Ensi, Bassi Maestro, ‘Nto, Clementino. Non sono i Pink Floyd o quello che resta dei Queen, ma artisti onesti che in Italia hanno sdoganato un genere ancora di nicchia, e che quando sale alla ribalta lo fa con i suoi interpreti peggiori come i Club Dogo.

Torniamo al nostro Rocco: ha vinto Sanremo, ha fatto sorridere con quella ingenuità e freschezza che un ragazzo ha, tranne che non sia un Robocop programmato per fare miliardi come Justin Bieber. La canzone parla della sua realtà, composta dai personaggi del rione, ma che guarda un po’ più lontano: guarda alle banche, senza dire che limitano l’accesso al credito bloccando l’economia di un paese, guarda alla terra dei fuochi e alla devastazione di un territorio; senza dire se i colpevoli sono gli imprenditori del Nord, i camorristi del Sud o chi ha sempre saputo e taciuto; rivendica il suo accento e l’essere uno scugnizzo, che gira sul motorino come segnala un suo presunto vicino su Youtube; parla di chi se ne deve andare per lavorare, senza dire se per fondare start-up o fare il gelataio in Germania, proprio come quaranta anni fa.

È lontano anni luce dal Frankie Hi-nrg che nel 1992 cantava la mafia e la camorra in Fight da faida, e per fortuna è anche lontano dal Frankie Hi-nrg, che gioca un po’ troppo sulla pedalata come metafora della vita, apparendo anche imbolsito.

Ma è così che deve essere. Un amico mi dice che non gli piace perché ascolta i cantautori. Anche io li ascolto, però credo che i ragazzi delle periferie napoletane e casertane potranno ora scegliere di ascoltare un ragazzo della loro età, che parla nel loro dialetto, con il loro linguaggio, piuttosto che i neomelodici, schifosi come le periferie in cui ottengono successo, figli di un Dio minore, di un meccanismo riproduttivo che li ha messi al mondo laddove un giorno buono non si è mai visto. Per fortuna è anche lontano dal Fabrizio Moro che con Pensa colpì in tanti, per distaccarsene immediatamente.

Non è un attivista Rocco. Questo è il mio parere e va contro a quanto sto leggendo in molti commenti. Per me attivisti sono i Nomadi, che portavano quaderni e matite a Cuba senza farsi troppa pubblicità, e cantando brani come Contro, C’è un re, Auschwitz, dimostravano da che parte erano. Però Rocco potrà diventarlo un attivista, ha l’età dalla sua parte per fare quello che gli pare, come diventare un buon artista, se resisterà ai meccanismi del piccolo music-business italiano.

Ho capito chi è Rocco Hunt. È un ragazzo che in una settimana ha capitalizzato l’impegno di numerosi anni, che ha un futuro davanti a sé, e per quanto non possa piacermi il rap o l’hip-hop gli auguro di continuare a fare musica. Senza dimenticarsi della banche, della terra dei fuochi, di chi deve emigrare, dei ragazzi delle periferie.