C'era una volta Woodstock. Musica di parole per la pace
Nell’agosto del ’69 oltre 500mila giovani americani si radunarono nella località di Bethel per partecipare a Woodstock. Agosto 2009, in occasione del quarantesimo anniversario le stesse testate, che allora seguirono la kermesse musicale, hanno riprodotto l’atmosfera woodstockiana di quell’evento musicale che scrisse una pagina importante della storia degli anni Sessanta per i messaggi di pace e di non violenza (di Alessandra Alfonsi)
Dal 15 al 18 agosto 1969 presso la località rurale di Bethel, a sud-ovest di Woodstock, nello Stato di New York, oltre 500mila ragazzi si radunarono per assistere ai tre giorni musicali dei più importanti artisti internazionali da Joan Baez a Jimi Hendrix. Un concerto che fu anche il capostipite di tutti i grandi raduni musicali. Questo evento musicale, che aveva riunito sul palco i grandi artisti impegnati nel diffondere i messaggi di pace e di amore, proprio durante la fase più drammatica della guerra in Vietnman e delle proteste dei giovani universitari, si trasformò sin da subito un evento socio-culturale, che entrò a far parte della cultura non solo hippy, ma anche di quella giovanile mondiale.
L’evento nacque da un’inserzione pubblicitaria su New York Times e Wall Street Journal, dove John Roberts e Joel Rosenman, i promotori del futuro festival, si presentarono come "uomini giovani con capitale illimitato in cerca di interessanti opportunità, legali, di investimento e proposte d'affari". Furono subito contattati da Lang e Kornfeld, gli altri due futuri promotori del Festival, con i quali idearono di realizzare, nella tranquilla contea di Woodstock, dapprima uno studio di registrazione, poi un Festival artistico. Insieme fondarono la Woodstock Ventures: un’associazione a scopo lucrativo, che, dopo molti falliti tentativi, riuscì a prendere in affitto i terreni necessari ad ospitare il concerto. Gli organizzatori dell’evento avevano previsto l’arrivo di circa 50.000 mila giovani: ne arrivarono invece 500. 000 mila che seguirono, nonostante il diluvio che si abbatté sulla contea di Woodstock, tutte le performance.
La tre giorni musicale ebbe inizio con il folk: quando alle 17 di venerdì Richie Havens si esibì sul palco suonando per ben sette volte la canzone “Freedom” e si concluse con Joan Baez che dal palco lanciò appelli a favore del marito incarcerato perché obiettore di coscienza. Sabato 16 agosto il concerto iniziò alle ore 12 e salirono sul palco i Santana, Janis Joplin, i Grateful Dead e gli Who. Domenica 17 e lunedì 18 le perfomance furono interrotte per ben due ore dalla pioggia, ma sul palco si esibirono i Jefferson Airplane, Crosby, Stills, Nash & Young, Jimi Hendrix che propose, durante una delle sue più lunghe esibizioni, una cover graffiante dell'inno degli Stati Uniti facendo stridere violentemente le corde della chitarra, in segno di protesta per le violenze degli USA, nella guerra in Vietnam e negli scontri sociali. I molti reporter che erano stati inviati a Woodstock per raccontare l’evento musicale, inizialmente decisero di diffondere notizie sui disagi subiti dai vicini fattori e dai partecipanti, come la mancanza di igiene e il traffico, e sulle illegalità, poi, all’unanimità, concordarono che Woodstock non fu solo un evento musicale, ma un raduno di molti giovani all’insegna della pace e dell’amore.
E in occasione del quarantesimo anniversario le stesse testate, che allora seguirono la kermesse musicale, hanno cercato di riproporre l’atmosfera woodstockiana: il New York Times ad esempio ha lanciato una raccolta on line di foto e video testimonianze, caricati da tutti coloro che erano a Woodstock dal 15 al 17 agosto 1969 per la musica, la pace e la non violenza. Da non perdere “Woodstock - The After Party” la mostra in corso fino al 20 settembre alla Triennale di Bovisa di Milano per celebrare i quarant’anni di quel concerto. La mostra punta gli occhi sul pubblico, quella Woodstock Nation pescata nell’Archivio fotografico Corbis. A corredo dei bellissimi scatti, videoproiezioni e installazioni audiovisive.