Ocse: cresce l'educazione non obbligatoria

di Anna Laudati
Dai dati dell’organizzazione internazionale buone notizie sullo stato del sapere nel mondo (di Enrico Maria Borrelli) 

scuola._da_media.panorama.it.jpgSecondo un’indagine dell' Ocse, Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico)  svolta in 38 paesi sulla formazione, l'educazione non obbligatoria si sta pressoché universalizzando. In un periodo dove è difficile trovare lavoro e dove c'è più domanda che offerta, investire in un'educazione più approfondita può essere un buon affare: si acquisiscono migliori competenze per affrontare al meglio il mercato del lavoro non appena l'economia si riprenderà. Una strategia che però vale solo per i più fortunati economicamente, visto il costo elevato che i privati devono sostenere per i più alti livelli di educazione.

Come emerge dall'indagine, l'investimento sull'educazione di alto livello ha ritorni economici molto alti, che rappresentano in media il doppio di quanto investito (82.000 dollari su 40.000 investiti per gli uomini, e 52.000 contro 28.000 investiti per le donne). Ritorno economico che si manifesta anche sulla singola persona, con guadagni che posso arrivare nel caso di Usa e Italia a oltre 300.000 dollari nell'arco di una carriera. Inoltre, nonostante l'aumento considerevole di professionalità altamente qualificate, non si sta ancora assistendo a una diminuzione dei loro stipendi, come invece avvenuto in occasione dell'universalizzazione dell'educazione secondaria. Emerge anche che -nonostante ampi investimenti da parte dei governi sulle universita' - il grosso della spesa viene affrontato dai singoli e dalle loro famiglie: si stima una cifra sui 50.000 dollari per studente in Italia, Austria, Canada, Germania, Francia e Usa. In Italia la percentuale di laureati è ancora piuttosto bassa (il paese è al sestultimo posto, con il 10% delle persone tra 55 e 64 anni e il 20% di quelli tra 25 e 34 anni che hanno una laurea). Ad ogni modo, il numero dei laureati segna un aumento considerevole (grazie alla riforma del 3+2, si va dal 20% al 35%), così anche - l'altra faccia della moneta - aumentano gli abbandoni: lascia gli studi il 55% degli iscritti, con l'Italia che guida la graduatoria degli abbandoni. L'influenza degli studenti internazionali in queste graduatorie rimane bassissima e del tutto marginale.