Le atmosfere crepuscolari perdono l'ennesima scintilla
Knoxville, Tennessee: Mark Linkous, cantautore e voce degli Sparklehorse, si toglie la vita. Vorrei invitarvi a leggere questo breve omaggio, sulle note di “Hundreds of Sparrows” (di Ivana Vacca)
Ancora una volta il mondo frenetico e gelido ci dimostra di aver sconfitto una brillante sensibilità d’artista: Mark Linkous, polistrumentista, compositore e leader degli Sparklehorse con la sua musica e la sua poesia ha tentato, se non di cambiarlo, almeno di colorarlo di tonalità diverse. A soli 47 anni, si toglie la vita il 6 marzo scorso con un colpo d’arma da fuoco alla testa, spegnendosi tre ore dopo. Con sé porta via la sua musica dolcemente malinconica, i suoi brani allusivi, le sue aree intimiste e una voce dalla fragile bellezza che, bisbigliando, sembrava riecheggiare nell’umido di una caverna buia, per illuminarla e mostrare all’uomo il male di vivere.
E’ la famiglia a diffonderne la notizia con un comunicato stampa sulla nota rivista musicale “Rolling Stone”: “…siamo grati per il tempo che ha trascorso con noi e lo terremo per sempre nei nostri cuori. Il suo viaggio gli darà la pace, la felicità e la libertà. C’è un paradiso e una stella per lui”. Cantava “It’s a Wonderful Life” con voce affogata e sussurrante, come quando si racconta una bugia temendo di essere scoperti, come la fioca fiamma di una candela, che continua a diffondere la sua luce, traballante, sebbene le manchi poco per spegnersi. Originario della Virginia ma residente in North Carolina, Mark Linkous fondò nel 1995 gli Sparklehorse, di fatto una “one man band” alternative rock. Autore di cinque album: delle vere e proprie perle del panorama musicale indie. L’esordio fu con “Vivadixiesubmarinetransmissionplot” del 1996, poi fu la volta di “Good Morning Spider” (1998), “It’s a Wonderful Life” uscì nel 2001 e “Dreamt for Light Years in the Belly of a Mountain” nel 2006. L’ultimo lavoro è il recentissimo “Dark Night Of The Soul”, metafora utilizzata per descrivere una fase spirituale della vita di una persona segnata da un senso di isolamento e abbandono.
Realizzato in collaborazione con il musicista e produttore Danger Mouse e il regista David Lynch, l’album è senza audio, in allegato c’è il booklet con più di 100 fotografie inedite firmate dal regista statunitense, ma gli acquirenti potranno riempire il cd “vergine” con l’audio disponibile per vie traverse. Una provocazione nata da controversie legali con la label EMI per la pubblicazione discografica. L’album è pieno di ospiti di altissimo livello: da Iggy Pop, a Frank Black (Pixies), Julian Casablancas (The Strokes), Wayne Coyne (The Flaming Lips), James Mercer (The Shins), Gruff Rhys (Super Furry Animals), Jason Lytle (Grandaddy), fino a Nina Persson (Cardigans) e Vic Chesnutt. Collaborazioni importanti si sono registrate negli anni, tra queste, quella con PJ Harvey e quella con Thom Yorke (Radiohead), con il quale ha registrato nel 2005 una bellissima versione del classico “Wish you were here”. Molte domande ruotano attorno al perché della scelta drastica di questo valente artista, cosa l’abbia portato a percorrere questo cammino senza sbocchi, ma è certo che non si tratta del primo episodio. Nel 1996, durante un tour in Gran Bretagna che vedeva gli Sparklehorse come gruppo spalla dei Radiohead, Linkous ingerì un cocktail di antidepressivi e Valium che gli provocarono il coma.
Per due minuti rimase clinicamente morto ma le cure mediche giunte in tempo lo salvarono, nonostante le gravi conseguenze. Una paralisi agli arti inferiori lo hanno costretto alla sedia a rotelle per sei mesi, periodo in cui, nonostante tutto, ha continuato ad incidere. Sfortunatamente nessun medico, per quanto portentoso, può aver smentito, questa volta, la sua morte. Prima di Mark Linkous, la stessa sorte è toccata ad Elliott Smith, cantautore americano, la cui morte rimane ancora velata dal mistero e divenuto famoso grazie al “Genio Ribelle” di Gus Van Sant. Entrambi eclissati dietro una coltre di nebbia, seppelliti sotto un mucchio di sabbia con la loro musica, preziosa e rivolta a chi vuole fermarsi a prestare attenzione. Sensibilità artistiche troppo spesso ignorate o sanguinosamente amputate dalla cattiva informazione e dalla moderna cultura di massa, che fanno della vita e del patrimonio di conoscenze, un business ad una sola corsia. Mark ha scelto di lasciarci in silenzio, a riflettere.