Reportage: Una gita per sentirsi cittadini del mondo
Una semplice passeggiata condivisa con giovani di diverse nazionalità diventa una gita intorno al mondo (di Andrea Sottero)
Svegliarsi presto in una uggiosa domenica mattina piemontese, guidare verso le montagne olimpiche, passare il Frejus e dirigersi in una soleggiata Grenoble è già di per sé una bella soddisfazione. Se poi si fa il viaggio con due sud coreani, una francese e si sta andando a vedere la mostra fotografica di un amico lettone conosciuto a Berlino, il viaggio non ha prezzo! Innanzitutto ci si sente davvero cittadini del mondo.
Chiacchierare spensieratamente delle proprie abitudini, del modo di vedere fatti e situazioni e ridere di gusto dell’inaspettato come se ci si fosse conosciuti da sempre è una sensazione che tutti dovrebbero provare. Che il caffè italiano fosse più buono di quello francese (persino se preso nei distributori automatici) non c’erano dubbi. Ma detto da un Coreano che di caffè certamente non è un esperto fa decisamente piacere. Così come sapevamo già che in fatto di carte di credito l’Italia non è certo all’avanguardia: chi pagherebbe, per esempio, una colazione al bar in questo modo? Vedere, però, la faccia di qualcuno che viene dall’altra parte del mondo entusiasta per essere finalmente riuscito a prelevare qualche contante da un normalissimo ATM dopo vani tentativi a Torino è più che significativo.
Ma al di là delle differenze evidenti, molti di quelli che siamo abituati a conoscere finiscono per essere semplici luoghi comuni. Scopriamo, ad esempio, che i Francesi trovano l’Italia generalmente più economica. E noi che quando possiamo andiamo oltre il confine per risparmiare! E’ anche vero che le ovvietà qualche volte sono quelle che più riescono sorprenderci: in Asia –è risaputo- il riso è il piatto per eccellenza. La naturalezza con cui un coreano risponde alla domanda “ma tu a casa, di solito, cosa mangi a pranzo?” è insieme curiosa e disarmante: “riso…” Che domande! Salvo poi scoprire, naturalmente, che inorridisce quando gli dici che anche a te il riso, condito con tanto formaggio, piace tanto. Formaggio? Per di più nel riso? Ebbene sì, noi mangiamo formaggio –parecchio anche- e di formaggio (i nostri compagni di viaggio non ce lo dicono, ma lo sappiamo) puzziamo!
Quello che è scontato in questa piccola parte del mondo non lo è altrove. Se io e la francese ci guardiamo quando, prima di passare il confine, ci viene chiesto quanto sarà diverso di là, oltre il tunnel del Frejus, e scrollando la testa diciamo “no, fondamentalmente, lingua a parte, tutto uguale”, i nostri amici coreani si guardano attorno interessati e sì, qualcosa di diverso lo trovano. Fascino francese? Ma, in fondo, l’emozione di passare da uno stato all’altro sotto terra è comprensibile: come dare loro torto, abituati come sono a recarsi all’estero solo via mare o aereo. E pensare che la Corea del Nord è là, vicinissima. Fin troppo, e loro che hanno già assolto l’obbligo del servizio militare (2 anni!) lo sanno bene: occhiate, cose dette con il non detto, sospiri (di sollievo) ci fanno capire che non deve essere stata una passeggiata. E dire che uno lavorava in un ufficio e l’altro era l’autista di un generale. Ma si sa, un missile come quello che potrebbe avere affondato una nave sudcoreana qualche settimana fa, può cambiarti la vista.
Che uno di loro lavorasse con auto e motori, in effetti, lo si capisce dalla passione con cui osserva e commenta tutte le auto che vede –compresa la normalissima Fiat Grande Punto in cui stiamo viaggiando. Non per niente lui ha la patente completa, può guidare sia con il cambio automatico che con quello manuale. L’altro, invece, il cambio manuale lo guarda un po’ di storto: solo automatico per lui e io e la francese ci guardiamo interrogativi, “una patente a metà?”. Gira e rigira, i problemi sono uguali un po’ dappertutto, “per ora va bene così, non ho nemmeno la macchina: troppo cara per uno studente!”, ci dice. Giunti a Grenoble, dopo aver mangiato un panino in una americanissimo “Subway”, aver visitato il centro e aver scattato le foto di rito sulla Bastille (dove abbiamo scoperto che la nostra compagna di viaggio francese soffre di vertigini), arriviamo nella galleria dove è stata allestita la mostra fotografica. La scusa del nostro viaggio.
Saluti di rito e di nuovo a chiacchierare, a scoprire le anomalie e le peculiarità di uno staterello, la Lettonia, così diverso dall’Europa opulenta e un po’ sbruffona che siamo abituati a conoscere. Eppure, racconto dopo racconto, aneddoto dopo aneddoto, anche Riga finisce per sembrarci un po’ casa. Siamo o non siamo cittadini del mondo?