Ironiche, materne, esigenti e contraddittorie le Donne Giganti di Lidia Ravera
Una serata a teatro. L’incontro con Lidia Ravera, scrittrice e giornalista, divenuta il mito dei giovani negli anni ’70 (di Paola Pepe)
Giovedì 22 aprile a Lecce, incontro per lavoro, Lidia Ravera la celebre scrittrice torinese divenuta famosa negli anni ‘70 per il romanzo Porci con le Ali vero e proprio caso letterario, apprezzato in modo quasi plebiscitario dai critici e dai giovani dell'epoca. Intellettuale attenta alle trasformazioni della società e particolarmente sensibile alle problematiche dell'universo femminile, fin dagli anni Settanta
Capelli biondi sulle spalle, trucco impercettibile appena accennato intorno agli occhi, sguardo profondo, uno spolverino a cerchi optical. Semplice nell’aspetto, come spesso accade alle persone dall’animo ricco e complesso. Fa davvero un certo effetto incontrarla e stringerle la mano anche a chi, come me, negli anni ’70 era solo una bambina e quelle trasformazioni sociali le ha vissute attraverso gli occhi della mamma e dei suoi racconti, attraverso filmati un po’ sbiaditi e le testimonianze lette da adulta. Ci presentiamo e facciamo una breve visita dello spazio, come solitamente si fa, quando si arriva in un posto nuovo. Dovere d’ospitalità e gentilezza da visitatore. Lidia visita il foyer e vuole subito vedere la sala e il palco. Esprime i suoi complimenti. Nessuna scena. L’allestimento è davvero minimale. Solo quinte nere come sfondo, un tappeto e un microfono. Chiede al tecnico del teatro di alzare l’asta, per evitare di piegare la testa durante la lettura. Resterà in piedi. Verifica l’acustica. Vuole provare un pò, perché ha un abbassamento di voce. Non sa ancora se leggerà il testo vero e proprio o una riduzione. Mi congeda quasi subito. Lentamente il foyer si riempie di gente, alcune facce note, abituali frequentatori del teatro, altre mai viste. Ci sono tantissimi giovani, forse richiamati del fascino degli anni ’70, forse dall’energia e dalla voglia di lotta e cambiamento che li hanno caratterizzati. Forse semplicemente curiosi.
Qualcuno chiacchiera, seduto ai tavolini di vetro, qualcuno si guarda intorno, incuriosito. Candele e gerbere gialle creano un’atmosfera davvero familiare. Nell’aria, profumo di focaccia, personalissimo regalo del buffet che seguirà all’incontro. Mentre torna in camerino passando dal foyer, Lidia scherza col pubblico. Qualcuno la identifica come un “mito giovanile degli anni ‘70”. Lei risponde con qualche battuta ironica sul tempo che passa. E’ colloquiale, simpatica, stringe la mano a tutti. Ci accalchiamo davanti alla tenda di velluto bordeaux che ci separa dal teatro vero e proprio. Un quarto alle nove, entriamo e ci accomodiamo. Stasera non ci sono posti assegnati. Del resto gli appuntamenti ad ingresso libero non prevedono particolari onori. Dopo una breve presentazione, Lidia inizia. Leggerà un racconto tratto da
La lettura di oggi è il racconto di un giorno nella vita di una donna a trenta, quaranta e cinquant’anni, tra legami e obblighi famigliari, impegni e scadenze di lavoro. Un giorno fisso ogni dieci anni, il 3 aprile del 1985, del 1995 e del