Peppino, Giancarlo e Taraneh. Martiri per un sogno

di Anna Laudati

 Cosa fare affinché nessun altro ragazzo muoia per delle idee? ..... Far sì che nessun altro giovane viva senza idee! (di Vinicio Marchetti)

taraneh_mosavi.jpgCome si fa a capire e, molto spesso, perfino giustificare massacri e a provare la più infamante e lorda di sangue intolleranza per le semplici idee? La storia è piena di lapidi di ragazzi erette solamente in nome dei diavoli che non hanno esitato e rispondere alle semplici manifestazioni di protesta a colpi di fucile. Ma vale la pena uccidere, e peggio ancora morire per un ideale? Ovviamente la prima risposta che giunge spontanea è NO per la prima ipotesi e SI per la seconda. Inutile illudersi, chi combatte per i propri sogni, quando si tratta di legalità, giustizia e rispetto, lo fa sempre contrapponendo mani nude ad affilate e laceranti spade. Peppino Impastato, Giancarlo Siani, Taraneh Moussavi…

Sono soltanto alcuni dei nomi che mi vengono in mente parlando di giovani martiri immolati alla forza dei loro desideri. Una forza talmente grande da condurli troppo oltre. Fino al punto di non ritorno. Quel confine in cui le parole diventano più taglienti delle spade e le idee diventano immortali. Peppino era un ragazzo di trent’anni. Il padre era un mafioso. La sua morale, ferrea e votata solo alla giustizia, fece iniziare la sua rivolta contro la Mafia a Cinisi, in provincia di Palermo, incarnata dal Boss Gaetano Badalamenti e suo padre. La sua battaglia, fatta da onesta politica e proteste radiofoniche, giunse al termine nel 1978, quando fecero saltare in aria i suoi desideri, insieme al suo corpo, sui binari di un treno. Giancarlo, invece, era un giornalista, abusivo per giunta. Lavorava al Mattino e si occupava della Cronaca Nera di Torre Annunziata. Lo faceva bene, troppo bene. Se ne accorse anche Valentino Gionta. E lo fece ammazzare poco prima che raggiungesse la sua ragazza per andare a vedere il concerto di Vasco Rossi. Aveva 26 anni.

Ancora più giovane era Taraneh, 18 anni. Venne arrestata nel 2009 in seguito ad una manifestazione contro i risultati delle elezioni di quell’anno. Venne ritrovata nel deserto tra KaraJ e Quazvin. L’avevano bruciata viva dopo che innumerevoli stupri le avevano fratturato il grembo e lacerato l’ano. Molte persone si domandano se sia giusto morire per un ideale. Anche le persone che ho citato, probabilmente, lo facevano. Ma loro, a differenza degli altri, avevano deciso che nessun’altra oppressione avrebbe spento la loro voce. E ci sono riusciti. Cosa fare affinché nessun altro ragazzo muoia per delle idee? 

Far sì che nessun altro giovane viva senza idee!