Cambio vita. Intervista a Andrew, studente inglese: ora vive “Into the wild”

di Anna Laudati

Come nel celebre film “Into the Wild”, libera trasposizione del libro di Jon Krakauer “Nelle terre estreme”, Andrew Hepworth, ventiseienne studente Inglese, abbandona le sicurezze materiali per vivere in contatto diretto con l’ambiente naturale. Solo un camper, qualche vestito e la voglia di immergersi all’interno della natura selvaggia lontano dalle pressioni psicologiche della 'vita 2.0', per trovare la migliore collocazione possibile dell'uomo tra ragione, sentimento, quotidianità, vita socile e natura. (Alessandra Campanari)

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Quando hai deciso di abbandonare la sicurezza e le comodità di una casa per vivere in un camper?
Sono nato a Bristol, una città di 390.000 abitanti, che si è trasformata nel giro di pochi anni in un centro amministrativo e industriale. Ho vissuto e studiato lì per buona parte della mia vita, apprezzandone le offerte culturali e godendo della stimolante vita sociale. Poi un giorno qualcosa è cambiato. Sono cresciuto, mi sono posto delle domande, ho cercato di trovare delle risposte e alla fine ho deciso di trasferirmi a Edimburgo per studiare MSc Outdoor Education.

Amo il contatto diretto con la natura, le sfide estreme dell’uomo con l’ambiente, la possibilità di confrontarmi con esso e riflettere sulla potenza del cosmo, su tutto ciò che ci circonda e che non è frutto della mera società. Ecco, è nato tutto così, in una giornata piovosa e melanconica. Quel giorno ho avuto la risposta alle mie domande. Sono uscito di casa, ho cercato un lavoro, ho risparmiato soldi per comprare un piccolo caravan e sono partito, zaino in spalla, in un giorno di straordinaria follia.

Che cosa significa per te vivere in una roulotte?
È una continua sfida, una sfida contro il freddo, contro la mancanza di spazio, di comfort, di calore sociale ma che stimola la mia volontà di relazionarmi con la natura. Tale rapporto mi dà un senso di compiutezza, di sicurezza nella partecipazione all’esistenza dell’universo, un mondo che mi offre continue occasioni di contatto e riflessione.

andrew_hepworth_2Quindi rifiuti la vita civile/sociale per quella naturale?
Non esattamente. La mia scelta non nasce da un rifiuto totale della società. Sarei un ipocrita a non sottolineare anche l’aspetto economico della mia scelta. Vivere in un camper mi permette di risparmiare e quindi di potermi permettere, economicamente parlando, di vivere anche altre esperienze più sociali. L’uomo è un animale sociale, come Seneca ci insegna, e la società è il suo habitat fatto, sì di contraddizioni, ma anche di cultura, di sviluppo, di crescita comune. La mia non è una critica in toto alla società, ma una presa di coscienza, una presa di distanza dalla sola “civitas”. Quello che manca nella società moderna è proprio questo ricercare un equilibrio tra essa e l’ambiente naturale perché il rapporto con l’ambiente naturale è anche rapporto con la cultura della società in cui tale rapporto si attua. Non possiamo dimenticarci che la natura è la totalità universale della vita ed è lì che dobbiamo ricercare noi stessi.

Possiamo definire questo ricercare te stesso, in contatto con la natura, anche come ricerca di Dio?
Non credo in Dio ma credo nell’uomo, credo nella potenza della natura e nella ricerca di un significato della vita attraverso di essa. L’armonia e la grandezza dell’ambiente naturale narrano, al contempo, il realizzarsi della storia dell’uomo e della natura. Esso ci insegna a osservare con intensità e profondità fuori e dentro di noi, a esplorare la grandezza e bellezza del cosmo, e ci regala continuamente impressioni, esperienze che possono essere immediatamente interiorizzate perché frutto di emozioni, colori, giochi di luci, potenze pur non negandoci una conoscenza più propriamente scientifica e cognitiva, fatta di leggi naturali, ciclicità delle stagioni, ciclo della vita.

Che cosa hai acquisito da questa esperienza e qual è il tuo messaggio ai posteri?
Non sono qui per insegnare niente a nessuno. Vivere quest’esperienza mi ha fatto maturare soprattutto perché mi ha insegnato che la felicità non è, o non è solo nelle cose materiali che circondano l’uomo.

"Happiness is real only when shared" (célèbre frase di Christopher McCandless, protagonista del romanzo di Jon Krakauer “Nelle terre estreme”). “La felicità è autentica solo se condivisa” anche per me, ma la felicità va ricercata anche in se stessi, nell’intimo rapporto col proprio io, con la propria voce interiore e con quella della natura di cui tutti siamo parte. Ecco allora il mio unico messaggio ai posteri: non è necessario intraprendere un cammino solitario, senza stabilità, a contatto diretto con la natura selvaggia. Non è una fuga da se stessi e dal mondo quello che va ricercato, ma un viaggio concreto o astratto che sia, attraverso le proprie paure, le proprie angosce, per una ricerca intima della felicità, che è pura come la natura e che nasconde il senso stesso del nostro vivere.