Siamo tutti Saviano. Siamo tutti bersagli

di Anna Laudati

Qualche settimana fa,  il magazine ha commemorato con un trafiletto la morte di un giovane giornalista napoletano, Giancarlo Siani, avvenuta per mano della camorra (di Chiara Marrazzo)

images.jpgDopo 23 anni, noi giovani aspiranti giornalisti di questo settimanale telematico dedicato ai giovani, vogliamo  testimoniare che la vita di quel ragazzo è servita per incoraggiare noi e i tanti giovani Napoletani, nella lotta per la legalità e di chi cerca di liberare il proprio territorio dalle mafie. Un esempio viene dalle tante associazioni giovanili presenti sul territorio campano come  “Studenti napoletani contro la camorra”, “Nuova anticamorra organizzata”, “Contracamorra” e i ragazzi di “Scetammece”. L’esempio più eclatante che rimbalza da un quotidiano  all’altro quasi tutti i giorni e che ha diffuso in modo capillare non solo in Italia ma anche all’estero, attraverso il libro “Gomorra”, l’impressionante potere della camorra è costituito dall’ormai notissimo giornalista napoletano Roberto Saviano, ieri sera ospite a Matrix.

Sulle pagine di tutti i quotidiani  questa settimana si è letto di un possibile attentato camorristico sullo stile della strage di Capace che lo vedrà come protagonista. Dalle rivelazioni di un pentito, poi subito smentite, emerge che nei suoi confronti è stata emessa una sentenza dimorte da eseguirsi  entro Natale ad opera  del clan dei casalesi.

A soli 28 anni, dunque, vero o non vero che sia, questo giovane scrittore potrebbe morire ammazzato dal tritolo sulla Napoli-Roma, e questa spada di Damocle puntata sulla testa lo ha condotto ad una decisione importante. Quanto prima per ricominciare a vivere una vita “normale”  e specialmente per poter ricominciare a cercare notizie per poi scrivere, andrà via dall’Italia. Fino a questo momento  lo scrittore aveva sempre rifiutato questa soluzione, professandosi convinto  di avere diritto a rimanere nel suo territorio, perché non era lui il delinquente.

Era convinto che tornare indietro sarebbe stata una cosa poco intelligente e che lasciarsi piegare da “uomini di niente”  sarebbe equivalso a tradire se stessi. La sua ambizione era solo quella di aver scritto “ qualcosa che stesse cambiando le cose”, ma mentre  compiva il suo dovere da onesto cittadino , si trasformava  lentamente da uomo libero a prigioniero dei propri ideali e del proprio senso di giustizia. Ha trascorso questo tempo  guardato a vista dalla sua scorta, costretto a spostarsi continuamente per sventare il pericolo, ridotto alla solitudine perché la gente ha paura di rimanergli vicino, proprio come fosse lui il criminale.

La solidarietà delle Istituzioni è stata espressa attraverso più voci. Proprio oggi sono state pubblicate sui quotidiani nazionali lettere di solidarietà e di appoggio nei suoi confronti  da parte di Giorgio Napolitano e di Silvio Berlusconi.  In questi giorni Veltroni ha dichiarato che è impensabile che in un paese libero e democratico uno “uno scrittore debba essere messo sotto scorta perché la sua vita è a rischio”, questa non è una cosa normale. Sulla stessa linea di pensiero è  Antonio Di Pietro. “Lo Stato sta facendo quello che può e che deve fare, il problema è un altro: chi fa il proprio dovere e vive nella legalità non può vivere, mentre chi delinque continua ad andare in giro e a vivere benissimo...".   Ed  il problema è proprio questo, più delinqui più sei stranamente libero! Ma di chi è la responsabilità? Spesso si punta il dito contro lo Stato, si parla di collusione con le mafie, ma difficilmente si esaminano le singole responsabilità.

I martiri della Camorra diventano tali se lasciati soli nel momento di combattere al loro fianco. Saviano è  un bersaglio ma non è solo, perché i suoi compaesani, compresi noi giovani napoletani e lo Stato, sono al suo fianco.

Diversa è la posizione di chi ha cominciato a pensare la cosa più conveniente, e cioè che lo scrittore ha fatto tutto questo solo per soldi, e che non merita solidarietà. Molti cittadini di Casal di Principe e del Mezzoggiorno si tirano indietro, sono dell’idea che stavano meglio prima nel silenzio dell’omertà e  quando i clan lavoravano nell’ombra. Ma vivendo all’ombra della camorra non si risolve niente.

Il problema è che se Saviano  dovesse veramente lasciare il territorio o diventare un’ altra vittima della camorra a perdere saremo tutti. Perché diventeremo il manifesto della nostra debolezza, la mancanza di coesione. Ancora una volta bravi a commemorare i morti , ma vigliacchi quando c’è da proteggere ed appoggiare i  vivi.

Sostenere e combattere insieme a Saviano la lotta contro la camorra con le parole, non solo è un diritto ma è un dovere che deve toccare le coscienze di tutti i napoletani e i campani, giovani e non, intellettuali e non.

La libertà di parola è uno dei diritti fondamentali dell’essere umano in un paese libero. Negli ultimi giorni sono nati numerosissimi ‘Gruppi’  su Facebook come “Proteggiamo Roberto Saviano”,  luogo di discussione, di confronto e di raccordo; luoghi da cui poter partire per costruire insieme una strategia di azione.

È il momento di dimostrare che  la comunione di intenti e la coesione sono l’unica arma veramente  invincibile e noi giovani napoletani ci siamo.