Il fattore giovanile nelle elezioni americane: Noi siamo gli Stati Uniti"
Un evento importante come quello delle elezioni presidenziali americane lo si vive ogni quattro anni (di Gianfranco Mingione)
Alle undici di sera circa, ore cinque del mattino qui in Italia, l’America cambia finalmente colore. Una nuova pelle, diversa da quella dei 43 Presidenti che lo hanno preceduto, ed un nome che è tutto un programma: ladies and gentleman, the new President of the United States, Barack Hussein Obama. Mille scommesse, mille indagini pre-voto, sondaggi, classifiche, percentuali: l’America, come al suo solito, patria dei sondaggi, questa volta non ha visto una fumata nera sul prescelto dai rilevamenti pre-elezioni delle maggior parte della stampa americana, ma oserei dire mondiale.
Dal suo primo discorso da vincente, al Green park, luogo simbolico per i democratici, queste sono state le sue prime parole alla platea in preda ad una manifestazione spettacolare dalle emozioni forti: “Se qualcuno ancora dubita che gli Stati Uniti siano il paese dove ogni cosa è possibile o che il sogno dei nostri antenati sia vero ancora oggi, se qualcuno ancora dubita del potere della democrazia, questa notte è la risposta". Parole, queste, che assieme all’intero discorso di Obama lasciano intravedere l’intramontabilità del sogno americano, la speranza per un futuro migliore, diverso e la voglia di esserci e contare.
Ma cosa c’è dietro questo discorso? Chi e cosa c’è dietro la vittoria del giovane neo-presidente americano?
Il fattore “r”, razza, non ha influito sul voto e la sorpresa, al negativo, sulla quale forse contavano a poche ore dal voto i Repubblicani e il suo sfidante John McCain non c’è stata. Se non una valanga di voti, Obama, ha raggiunto sicuramente un risultato molto positivo. Ma la valanga può starci se analizziamo questo risultato sotto tre fattori importanti: la percentuale dei votanti, la partecipazione giovanile e la storia del neo-Presidente. E allora sì che esce fuori un risultato travolgente.
Una partecipazione così massiccia, ben il 66% degli americani ha votato, non si vedeva dal 1908: neanche le elezioni di una delle figure mitiche del Partito Democratico, J.F Kennedy, arrivarono a tanto, raggiungendo seppur un ottimo risultato il 63% dei votanti. E’ un primo risultato storico dietro al quale vi sono folle oceaniche che hanno accompagnato Obama nei suoi tour elettorali in ogni angolo del Paese. Sì perché Obama, ha avuto il merito di raggiungere anche gli stati tradizionalmente votati al Partito avversario, quello Repubblicano. Ha sfidato il suo antagonista anche nel suo “giardino di casa”. E lo ha fatto sfruttando appieno tutti i mezzi di comunicazione di massa: fra questi la parte da leone, oramai, la fanno i media della generazione internet. Grande protagonista il web 2.0: un sito, blog e canali di discussione avviate sulla rete, telefoni cellulari (in ultimo il messaggio di ringraziamento dopo l’elezione).
Sin dal suo esordio, Mr. President, ha cambiato del tutto il modo di fare politica e di condurre la campagna elettorale delle presidenziali americane: i mezzi di comunicazione sopra citati hanno visto il coinvolgimento e la partecipazione di tantissimi giovani che hanno supportato Obama. Un cambiamento generazionale rappresentato dalla partecipazione di migliaia di giovani che hanno preso parte alla campagna di Obama, grazie ai nuovi media e alla capacità di coinvolgimento del Presidente. I giovani, considerati scostanti e indifferenti alla politica, un po’ dappertutto, hanno dimostrato di saper abbattere le barriere fondate sul pregiudizio della razza. I giovani hanno saputo guardare oltre le generazioni precedenti. Un risultato storico, positivo.
Diversi, partecipativi, oltre le barriere culturali: un vero cambiamento generazionale rappresentato dai giovani. Questa è una seconda, strepitosa valanga che si abbatte sull’America del domani che è già presente.
Infine, ad emozionare è anche la storia di Obama. Una storia che ha fatto gola a tutti i giornalisti poiché ha rappresentato la vera storia della riuscita del sogno americano: figlio di un padre keniota e di una madre americana è la prova che, come egli stesso afferma, “nulla è impossibile”.
Nulla è impossibile per chi come lui, ha un colore della pelle che per troppo tempo è stato un fattore discriminante così come essere una minoranza lo era fino ad oggi. Se davvero alle parole seguiranno nei fatti nuovi comportamenti, nuove opportunità per tutti senza alcuna distinzione se non che la propria diversità come fonte e sinonimo di ricchezza individuale collettiva; se non verrà meno il risultato storico di questa storica elezione che tutti noi potremmo ricordare e raccontare ai posteri; se non verrà meno l’influenza di questo voto verso la cara vecchia Europa e il resto del mondo come nuovo motivo di sepranza e cambiamento; se tutto ciò e molto altro ancora che di positivo oggi l’America ha iniziato a ridisegnare attraverso queste elezioni, seguirà nei fatti a questa elezione, avremo lanciato una sfida a tutto il mondo verso un miglioramento e una speranza di cambiamento e di diffusione di pratiche positive.
Di certo Barack Obama ha dimostrato al mondo, e in particolare ai giovani, che anche un portatore sano idealista può, con grande forza di volontà, capacità e chiarezza di obiettivi, raggiungere metè che sembrano a dir poco impossibili. Come la Casa Bianca per Obama soltanto un anno fa.
Il mondo e gli uomini riservano sempre grandi sorprese. In ciò sta il futuro dell’umanità. Sapremo farne tesoro?