Un dono che si chiama Sindrome di Down
Sempre meno famiglie ricorrono all'interruzione di gravidanza terapeutica nel caso in cui venga accertata la sindrome di Down (di Veronica Centamore)
Alex Bell è una donna inglese di 53 anni, quando ne aveva
Inoltre dal Regno Unito, in merito alle persone affette da sindrome di down, arriva un’altra bella notizia: sempre meno aborti se il figlio è Down.
Nonostante l'introduzione dei test prenatali (il 1989 è stato l’anno in Gran Bretagna dei test che danno la possibilità alle donne in gravidanza di conoscere sempre con maggiore precisione lo stato di salute e le possibili patologie del nascituro ) è stato registrato un sorprendente aumento dei nascituri affetti dalla sindrome. Lo riporta un’indagine condotta dall’Associazione persone down, raccontata da un settimanale. Sempre meno famiglie ricorrono all'interruzione di gravidanza terapeutica nel caso in cui venga accertata la sindrome di Down. I dati recenti di un'inchiesta condotta oltremanica testimoniano che le nascite di neonati Down sono passate dalle 717 del 1989 (anno dell'introduzione del test ) alle 749 del 2006.
L’Associazione delle persone Down ha promosso un'indagine per scoprire le ragioni di tale fenomeno, sottoponendo a circa 1000 genitori un questionario sulle ragioni del rifiuto dell'aborto terapeutico. E’ emerso che uno su 5 non ha voluto credere al responso dell'esame, mentre un 30% del campione si è dimostrata convinta che i down abbiano maggiori prospettive rispetto al passato di vivere meglio rispetto allo stesso. Un quinto del campione ha riferito di aver conosciuto delle persone affette da tale sindrome; un terzo, invece, si è dimostrato contrario all'interruzione di gravidanza per motivi etici o religiosi. Gran parte delle famiglie interpellate, comunque, ha sostenuto che la disponibilità ed il sostegno di amici e familiari ha giocato un ruolo determinante per affrontare questa coraggiosa e straordinaria scelta di vita.
Questa indagine è sicuramente un’innovazione nell’ambito sociologico e testimonia che, finalmente grazie alla conoscenza, molte di queste persone “speciali” sono uscite da casa (nel vero senso della parola), hanno avuto la possibilità di integrarsi o includersi nel mondo lavorativo e sociale, e tutto questo ha aperto gli occhi, la mente ma soprattutto il cuore a quella gente cosiddetta normodotata che ha imparato a conoscere, avendo avuto “l’occasione dell’incontro”. Tante volte la mancanza di sensibilità verso certe diversità è dovuta proprio a questo gap, a questo vuoto d’incontro d’anime ma poi arriva l’occasione e per fortuna talvolta si cambia virata. E un plauso va a quella trasmissione che probabilmente per fare audience o no (non avendone bisogno) chiama i down per far scoprire certi loro lati teneri e ironici, mettendoli alla disponibilità di conoscenza di coloro che non sanno, perché dimostra che down non significa soltanto handicap e compassione ma anche persona, sentimenti ed emozioni. Veri.