Una soluzione alla crisi economica italiana è il progetto del microcredito

di Anna Laudati
In principio erano 27 dollari e poi fu la “Grameen Bank”. L’idea fu di banchiere bengalese … (di Gianfranco Mingione)

muhammad_yunus1.jpgL’economia è, ogni giorno di più, sull’orlo del baratro. Ma c’è qualcuno, come l’economista e banchiere bengalese Muhammad Yunus, che intravede un futuro diverso. Un futuro che è già presente. Non c’è giorno che passi senza leggere, sui quotidiani nazionali e i giornali finanziari o apprendere dai vari telegiornali, delle disastrose condizioni in cui versa l’economia globale. Da dove ripartire? Cosa fare per innescare il cambiamento salvifico del nostro sistema ormai malato? Muhammad Yunus, premio Nobel per la pace, è ottimista sul presente e lancia un avvertimento per il futuro: “La crisi finanziaria? – afferma l’economista – è un’occasione da non perdere per ricostruire un sistema che non funziona.

E almeno c’è servita a dimostrare una cosa: che i ricchi, per una banca, sono meno affidabili dei poveri” (ndr, la Repubblica, 3 marzo 2009). Per comprendere meglio l’affermazione di M. Yunus dobbiamo fare qualche piccolo passo addietro e conoscere con quale “invenzione” egli ha meritato il premio Nobel e ha proposto un’ulteriore modello di sviluppo e di credito. L’economista indiano è uno di  quegli uomini che ha dato una risposta valida a migliaia di connazionali che pur avendo ideato un progetto professionale valido, essendo privi di risorse economiche proprie, risultavano esclusi dall’erogazione di crediti ordinari.

 

L’esperimento del microcredito iniziò quando Yunus fece un prestito di 27 dollari a un gruppo di 42 famiglie e quel prestito minimo fu il seme da cui germogliò la Grameen Bank, la “banca dei villaggi”. Il meccanismo della concessione del prestito si basa su una valutazione del capitale umano e delle capacità e competenze lavorative delle persone che richiedono il denaro. Appurate queste due doti fondamentali,  e verificata anche l’aspirazione della persona a voler cambiare la propria situazione personale, si procede ad appurare, attraverso un determinato circuito di conoscenze e di informazioni, la volontà e le capacità dell’individuo richiedente il prestito. Come? Non attraverso i titoli, ma grazie a chi, appartenente a quel contesto sociale, comprova le richieste della persona. Un sistema, chiaramente, ben lontano dalla nostra economia e dall’idea che di questa hanno molti speculatori e capitalisti moderni.

 

Oggi il microcredito rappresenta una realtà che, da piccolo progetto si è trasformata in un opzione di successo e riscatto per quanti non hanno accesso paritario alle risorse: “Non ho motivo di preoccuparmi – afferma Yunus - la Grameen Bank ha prestato 6,7 miliardi alle fasce più deboli dei paesi meno fortunati del mondo. Ma non perde una lira e rientra del 98% dei crediti erogati. Quando diamo 100 dollari a una donna del Bangladesh, le nostre garanzie sono polli, maiali e verdura. Non carta e carta costruita su carta come hanno fatto le banche tradizionali” (ndr, la Repubblica, 3 marzo 2009). In questi giorni Mohammad Yunus è in Italia per promuovere il suo progetto e gettare le basi di una collaborazione che porterà alla nascita di Grameen Italia in collaborazione con il gruppo bancario Unicredit e l’Università di Bologna.Quando un sistema fallisce, forse, la soluzione migliore sarebbe quella di guardarsi dentro e attorno per comprendere gli errori e ripartire da zero.

 

E’ in questi momenti storici che il mondo dovrebbe essere in grado di sprigionare energie intellettuali volte al miglioramento della situazione attuale e avere la capacità di visionare e prospettare il futuro all’orizzonte. Renderlo migliore. Grameen bank: l’inizio di una percorso proiettato verso un’economia equa, solidale e accessibile globalmente? Magari si!