Disparità retributive tra donne e uomini. L' UE contro il "gender pay gap"

di Anna Laudati
Bruxelles. In Europa le donne guadagnano in media il 17,4% in meno degli uomini. Prende il via da questo dato la campagna contro il gender pay gap (di Ivana Vacca) 

equal-pay.jpgIl “gender pay gap” ovvero il differenziale retributivo di genere è il divario percentuale che mediamente le donne percepiscono nei confronti degli colleghi di sesso opposto. Poiché colpisce tutte le donne, spesso indipendentemente da altre variabili, esso costituisce una discriminazione di genere. La campagna di sensibilizzazione presentata martedì 3 marzo è stata presieduta dal Commissario europeo all'Occupazione, agli Affari Sociali e alle Pari Opportunità Vladimír Špidla.

“La disparità retributiva tra i sessi ha svariate cause e richiede soluzioni a più livelli – ha affermato Špidla – per affrontarla occorre l’impegno di tutte le parti interessate, dai datori di lavoro e dai sindacati alle autorità nazionali e ai singoli cittadini. In questo momento della nostra vita economica, la parità tra uomini e donne è più importante che mai. Solo se raccogliamo il potenziale di tutti i nostri talenti possiamo fare fronte alla crisi”. L'obiettivo è quello di sensibilizzare i cittadini europei sul problema della disparità salariale, di discuterne le cause e di trovarne le soluzioni.

 

Un miglioramento delle condizioni di vita delle lavoratrici fu stabilito già nella Convenzione approvata nel 1951 dall’OIL, la quale sanciva la parità delle remunerazioni tra donne e uomini per lavoro di uguale valore, principio poi ribadito nel Trattato di Roma del 1957. Ma le discriminazioni sono rimaste elevate e oggi cambiano volto, non sono più esplicite come in passato e tuttavia restano. Il gap retributivo nei paesi dell’UE è rimasto molto alto negli ultimi anni, con una maggiore disuguaglianza nel settore privato rispetto al settore pubblico. L’attuale mercato del lavoro penalizza di più le donne, che accedono prevalentemente a settori in cui i salari sono inferiori. Tra le cause la separazione dei settori di lavoro per donne e per uomini, le differenze di istruzione e formazione, le interruzioni di carriera e il modo in cui i posti di lavoro sono classificati e valutati, la formazione dei salari e i sistemi utilizzati.

 

Nella Relazione 2009 sulla parità donne-uomini, realizzata in contemporanea a Bruxelles, i numeri confermano le discriminazioni in atto relative a stipendi, orari di lavoro, distribuzione delle posizioni manageriale ed esiti negativi sul piano previdenziale. Il tasso di occupazione femminile è al 58,3% mentre è al 72,5% quello degli uomini, il lavoro part-time è più diffuso tra le donne che tra gli uomini (31,2%, contro 7,7% per gli uomini). Le discriminazioni riguardano maggiormente specifici settori, aumentano nelle grandi imprese, dove il 90% dei membri dei consigli di amministrazione sono uomini, e in politica, dove la maggiore attenzione alle quote rosa ha portato solo negli ultimi anni ad un aumento del numero delle donne tra i membri dei parlamenti nazionali (dal 16% nel 1997 al 24% nel 2008). Nei governi nazionali, la proporzione tra ministri uomini e ministri donne è in media di 3 a 1 (donne 25%, uomini 75%). Lo stesso Parlamento europeo arriva appena al 31% di donne e nessun governatore di Banca centrale tra i 27 Paesi dell'UE è donna.

 

Una sostanziale riduzione del gap retributivo è uno degli obiettivi inclusi oggi nella strategia dell’UE per l'occupazione e la campagna promuoverà buone prassi tra datori di lavoro e sindacati di tutta Europa, inoltre è stata patrocinata la sottoscrizione di 5 grandi compagnie dell’industria delle telecomunicazioni (Alcatel-Lucent, Imec, Orange-France Telecom, Microsoft e Motorola) per favorire l’occupazione femminile nel settore. Per informarsi e accedere ai documenti dell’iniziativa è disponibile in 22 lingue il sito web ( http://ec.europa.eu/equalpay ).