"Veline" a Pompei: foto sexy non autorizzate fra le celebri rovine

di Anna Laudati
Gli archeologi denunciano: “Rischio per la sicurezza degli scavi e danno all’immagine”. Cosa ne pensano i giovani? (di Monica Scotti)

modelle_1_apompei_2.jpgE’ da tempo che alcuni archeologi italiani trovano ad attenderli, nella loro casella di posta, una e-mail dal contenuto insolito: foto di giovani modelle in pose decisamente sexy immortalate sullo sfondo di marmi, colonne, fregi e capitelli. Il mittente? Altri archeologi. Il messaggio? Indignarsi, chiedere spiegazioni e contribuire al passaparola. La cosa potrebbe apparire strana, ma per rendersi conto del perché di un simile atteggiamento basta osservare con più attenzione le “foto della discordia”: le modelle, infatti, non si trovano su un set fotografico qualsiasi, quelle su cui si sdraiano o a cui si appoggiano sono rovine autentiche, le rovine di Pompei (colonne del foro e un thermopolium subito riconosciuto dagli esperti).

Ecco spiegata la rabbia degli archeologi: è giusto trattare il secondo sito più visitato di Italia, una vera e propria “cattedrale della cultura”, come la banale location di un servizio fotografico glamour? Come è stato possibile realizzare un calendario in un luogo dove dovrebbe essere vietato anche solo sfiorare i reperti? Pare infatti che l’autore degli scatti, il magazine statunitense Sports illustrated, abbia fatto richiesta alla Soprintendenza per avere l’autorizzazione a immortalare le ragazze in bikini nell’area di Pompei, ricevendo però in risposta un prevedibile rifiuto, motivato anche da ragioni di tutela del patrimonio archeologico.

 

Evidentemente il rifiuto è stato aggirato. Tsao Cevoli, presidente dell’ANA, Associazione Nazionale Archeologi, ha le idee chiare in proposito “Si tratta di scatti "rubati", anzi abusivi. Per realizzare quel tipo di foto bisognerebbe pagare un canone come previsto dalla legge Ronchey, dubito che sia stato fatto- spiega- Inoltre trovo vergognoso che una troupe si sia potuta aggirare indisturbata fra gli scavi per realizzare un servizio non autorizzato. Se hanno avuto il tempo di fare quelle foto avrebbero anche potuto danneggiare i reperti, scrivere sulle colonne o lesionarle. E’ l’ennesimo, eclatante, campanello d’allarme: c’è carenza di fondi, anche per la sorveglianza. Siamo in emergenza sicurezza e questa storia è un danno all’immagine per gli operatori del settore dei beni culturali.

 

modelle__a_pompei_1.jpgQuella sollevata dagli archeologi, infatti, è anche una questione morale: “Perché a Sorrento non si può camminare a torso nudo e a Pompei si permette alla gente di entrare indossando il costume e di realizzare foto di dubbio gusto?” Si chiede Lidia, giovane archeologa. Non è facile far passare questo messaggio nell’era del trionfo della televisione, di Internet, della pubblicità: ovunque ci sono veline, letterine, vallette, modelle…ovunque corpi femminili languidamente in posa. Sono passati più si 50 anni da quando Anita Ekberg fece sognare gli italiani danzando fra i rivoli della fontana di Trevi nel celebre film di Federico Fellini La dolce vita. Anche allora le polemiche non mancarono: non a tutti piaceva l’uso di un importante monumento e simbolo di Roma per “fare cinema”. Eppure la strada era segnata. In mezzo secolo l’abitudine di vedere bellezze “animate” (modelle etc.) sullo sfondo di bellezze “non animate” (paesaggi mozzafiato, monumenti, bolidi su due e quattro ruote) è diventata ormai prassi consolidata. Difficile per gli amanti della velocità immaginare un Motor Show di Bologna senza ragazze in abiti succinti languidamente adagiate su carreggiate rombanti. Altrettanto impensabile per i fan di calendari tipo Max e Pirelli ammirare le curve della top model di turno orfane di uno scenario degno di “effetti speciali” (gli scatti per l’ultimo Calendario Pirelli ad esempio sono stati realizzati in sud Africa, in mezzo ai pachidermi).

 

 

A tutto questo c’è un limite? “Secondo me tutta questa storia è sbagliata in partenza” risponde Paolo, 26 anni, seduto alla fermata dell’autobus “I monumenti vanno tutelati, ci sono in giro troppi idioti con un pennarello in tasca pronti a scarabocchiare ogni superficie che gli capita a tiro. Capisco la preoccupazione di chi con la cultura ci lavora. Quello che non capisco è la mania di andarsi a cercare set fotografici sempre più assurdi per i calendari: tanto si sa che nessuno guarda lo sfondo! Meglio guardare la modella no?”. Interviene un suo amico, Dario “Certo chi ha fatto questo calendario non si è fermato di fronte a un divieto. Poi si dice che siamo noi napoletani a non saper rispettare la legge!”.