Film: "Giulia non esce la sera". Perché?

di Anna Laudati
La regia è di Giuseppe Piccioni. Nel cast, di prim’ordine, Valeria Golino, Valerio Mastandrea, Sonia Bergamasco, la piccola Domiziana Cardinali e Jacopo Domenicucci. Nelle sale dal 27 febbario 2009 (di Gianfranco Mingione)

mastandrea_golino1.jpgLa prima cosa che può attrarre l’attenzione nello scegliere un film da vedere è proprio il titolo che in questo caso è evocativo, misterioso, curioso. Appena inizia ci si domanda: perché Giulia non esce la sera? La domanda è banale, la risposta viene a metà film.

 

Due attori che interpretano ruoli apparentemente distanti: Valeria Golino e Valerio Mastandrea. Un’interpretazione “ruvida – quella di Valeria Golino  - un’istruttrice di nuoto, chiusa, distante, che ha reso bene questo personaggio che è Giulia, che ci incuriosisce e ci sorprende man mano che si svolge la storia, e in cui ogni donna con un minimo di sensibilità si può rispecchiare, con cui può condividere e – soprattutto – soffrire” (ndr. di Paola Palombi, regista e autrice).Non da meno il bravissimo Valerio Mastandrea, padre e scrittore nella finzione cinematografica, a tratti distaccato dalla sua realtà e fuggevole verso quel mondo onirico dove tutti gli scrittori si ritrovano nel loro ideare storie.

 

Uno scrittore, appunto, la cui scrivania, diviene come un’isola, un luogo d’incontro che restituisce sullo schermo echi di calviniana memoria: in alcune scene è possibile leggere l’astrazione onirica che l’attore, nei panni dello scrittore, compie sia quando è immerso nel suo scrivere solitario dentro casa, sia quando è nel pieno del sonno. Proprio questo restare a mezz’aria, il voler e non voler stabilire dei rapporti personali stabili, coinvolgenti, con i luoghi e le persone, rende il suo personaggio affascinante  e ruvido quanto quello di Valeria Golino.Due affinità che si incontrano, due gusci che si schiudono lentamente nel venire a contatto fra loro: “la regia di Piccione è fluida, come l’acqua che imbeve e unisce la storia, e nella quale le varie vite si purificano, si azzerano, si mescolano, si mutano.

 

L’acqua simbolo di rigenerazione e nuova vita, in questo film lo è un po’ per tutti, che s’immergono nelle proprie vite per vederne lo strato sommerso, prendere coscienza del lato buio, facendo tornare ognuno di loro sconfitto o vincitore. Nell’acqua l’immagine di mezzi busti al contrario che dimostrano un altro mondo, diverso da quello conosciuto, e in cui si materializzano personaggi della fantasia con felliniani espedienti, scompariranno in questa vita così reale, fuori dall’acqua, come per ricordarci che non bisogna mai dimenticarsi di una dimensione in luogo di un’altra, che il mondo onirico ci è indispensabile quanto quello reale, ma nessuno dei due è compiuto senza l’altro” (P. Palombi).

E’ un film che colpisce  e, forse, lascia senza parole, con un finale amabilmente a tinte melò che non pretende d’insegnare qualcosa né di dare una morale definita. Non ci sono né vincitori, né vinti. Un consiglio: non leggere la trama prima di sedersi in poltrona. Magari meglio porsi quella domanda originaria, che seppur forse banale tutti si  sono posti sin dall’inizio del film.