Vittorio Maglione. Storia di un figlio della camorra, suicida a 12 anni

di Anna Laudati
“Chiedo scusa a tutti, ma non a papà” (di Monica Scotti)

blitz_giorno_1--200x150.jpgIl disagio, la paura e il dolore di crescere in un ambiente ostile; la decisione; una corda legata al soffitto di casa e la vita che si spegne nel  vuoto…troppo presto.  E’ morto così Vittorio Maglione, dodicenne di Villaricca, uno dei satelliti bui della periferia di Napoli.  E’ morto perché forse non voleva la vita che aveva tracciato per lui il padre, Francesco Maglione, affiliato al clan dei Casalesi. (foto Adnkronos)

“Addio a tutti quelli che mi hanno voluto bene”. Ha salutato i suoi cari e con un biglietto ha chiesto loro perdono per quel gesto estremo il piccolo Vittorio, ha nominato tutti, la madre, il fratello gemello, gli amici, ma non il padre “che non sopportava” . A lui ha lanciato un ultimo messaggio rabbioso scegliendo di usare non la carta, il web: “me ne vado, così non ti scoccio più”. Si legge sul suo profilo Messenger, il computer (ora al vaglio degli inquirenti) trovato acceso accanto al cadavere.Era il primo giorno di vacanza da scuola per Pasqua. Secondo una prima ricostruzione Vittorio si era alzato tardi e aveva acceso il computer in cerca di chiacchiere “virtuali” con gli amici. Proprio lì, in quel mare fatto di parole e volti invisibili, avrebbe annunciato l’intenzione di uccidersi. Inutili i commenti sconcertati di chi era connesso in quel momento (i carabinieri stanno cercando di risalire all’identità dei ragazzi “presenti” in rete) ”Ma davvero ti vuoi ammazzare?”.  Vittorio faceva sul serio, il suo corpo l’ha trovato la madre al rientro dalla spesa quando ormai non c’era più nulla da fare.  A luglio avrebbe compiuto 13 anni.Una famiglia difficile. Il padre di Vittorio era finito presto nel vortice del crimine organizzato: finito in galera per il primo omicidio a scopo di rapina a soli 18 anni nel ' 78, era stato nella Nuova Camorra Organizzata del noto boss Raffaele Cutolo per poi “passare” alla fine degli anni ottanta ai Casalesi, uno dei clan più feroci del mosaico camorristico campano. La morte era già entrata prepotentemente nella casa di Vittorio quando nel 2005 suo fratello maggiore Sebastiano, “Bastiano” per gli amici, era finito ammazzato a 14 anni per aver tentato di rubare il motorino alla persona sbagliata. Un raid punitivo di dieci ragazzi (tre minorenni) legati agli Scissionisti di Secondigliano l’aveva seguito a Mugnano per fargliela pagare, un colpo alla testa da distanza ravvicinata aveva messo fine alla sua adolescenza segnata precocemente dal crimine e dalle cattive frequentazioni.Vittorio (che all’epoca aveva 9 anni) non era ancora guarito da quella ferita, non aveva seguito l’esempio del fratello, andava a scuola come ogni ragazzino della sua età, ma qualcosa dentro di lui evidentemente non ha retto. Non ha retto alla violenza. Non ha retto al peso di scelte non sue, i figli spesso pagano le colpe dei padri. E in un giorno come un altro ha scelto di morire.

Con la sua morte si riaccendono i riflettori su Napoli, sui suoi “guaglioni” a confronto col degrado sociale, la miseria e la delinquenza. Sui forum di discussione in rete sono tanti a non darsi pace e a chiedersi “perché?”, perché  a Vittorio è morto? Tra tutte le voci quelle incredule dei suoi amici: “ci manchi tanto Vittorio, eri il nostro angelo, il più bello”.