Torino. Alla Reggia di Venaria dipendenti col velo per solidarietà alla collega musulmana
La protesta prende vita a causa di una lettera inviata alla ‘Stampa’ da una visitatrice che chiedeva di impiegare la 35enne marocchina Yanma Amellal in un'attività d'ufficio e non a contatto con il pubblico. Sabato 30 maggio, il personale della biglietteria, le guide, gli addetti alla sicurezza e chissà, forse anche qualche fantasma della Reggia di Venaria, si sono presentati sul luogo “deputato” allo svolgimento delle loro mansioni lavorative indossando veli e kefiah. Tutto ciò in segno di protesta pacifica e come atto di solidarietà nei riguardi di una loro collega Yamna Amellal di 35 anni, marocchina, colpevole di essere… fedele alle sue origini.
«Mi sono presentata alla biglietteria della Reggia di Venaria, storica residenza di Casa Savoia – scrive in anonimato la visitatrice - e mi ha colpito non poco notare che fosse presidiata da due donne islamiche, una addirittura con il velo in testa. Non sarebbe più corretto che il personale indossasse abiti d'epoca dei Savoia? Quella presenza, invece, era decontestualizzata, fuori posto». Cara signora, deve proprio scusare i responsabili della Reggia magari se li avesse avvertiti con un certo anticipo le avrebbero fatto trovare Carlo Emanuele II o Vittorio Amedeo II. Che ne dice? Peccato che non avendolo saputo per tempo, ciò non è stato possibile e purtroppo si è dovuta sorbire il PRESIDIO di queste donne STRANIERE.
La risposta del direttore della Reggia, Alberto Vanelli: “Io non ci trovo nulla di male, l'integrazione passa anche attraverso queste cose”. Sabrina Soccol (guida): «La donna che ha scritto la lettera non si è neppure accorta che l'altra ragazza da lei indicata come islamica è invece italiana, calabrese...» Eh… verrebbe da dire che forse, per la signora, tutto ciò che non è piemontese non è all’altezza di.... C’è pure un parere moderatore, il presidente del consorzio che amministra la Reggia, l'ex direttore di Raiuno Fabrizio Del Noce: «L'opinione della signora, espressa in toni pacati e non oltranzisti, è da rispettare. Allo stesso modo la manifestazione dei colleghi della ragazza marocchina è stata altrettanto legittima e civile”. A storcere il naso, però, non è stata solo l'anonima lettrice. I colleghi della ragazza marocchina raccontano di episodi di razzismo e proteste quotidiane: «Spesso capita che qualcuno, per non acquistare il biglietto da Yamna, cambi fila — confida Sabrina Soccol. La cosa che ha colpito di più, di questa storia, non è la maleducazione o la restrizione mentale di queste piccole persone, capire, se si è trattato di xenofobia o di “decontestualizzazione storica” ma l’eccezionale manifestazione di solidarietà che la ragazza marocchina ha ricevuto dai suoi colleghi “moschettieri” al grido di “Tutti per uno…”.
Ciò che conta di questa vicenda è che in biglietteria, le colleghe di Yamna si sono presentate con un velo sul capo e che i colleghi hanno indossato la kefiah. Inoltre i gesti di solidarietà hanno contagiato anche agli altri dipendenti (70 persone) delle due cooperative che gestiscono i servizi turistici nel castello. Yamna, per tutta la giornata, è sempre rimasta seduta al suo posto, a fare il suo lavoro: «A queste cose io quasi non ci faccio più caso, ci sono i miei colleghi a difendermi, è quasi come stare in famiglia. Lavoriamo in un bellissimo luogo e crediamo nella libertà e nella tolleranza. Togliermi il velo? Non ci penso proprio, rappresenta la mia fede. E io sono islamica qui come in qualunque altro posto». Ma la Madonna, non porta, pure, il velo?