Parlare la stessa lingua, una partita di calcio per la socializzazione

di Alessandro Bello, volontario in Servizio Civile presso Associazione Culturale Arteteca

Continua l'esperienza di Servizio Civile di Alessandro Bello, volontario presso l'Associazione Culturale Arteteca

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Prima di iniziare il Servizio Civile, nessuno di noi volontari del progetto "Creatività Urbana tra riqualificazione e rigenerazione" aveva avuto esperienze nell'ambito sociale. Eravamo consci della sensibilità del territorio in cui stavamo per operare, ma solo il contatto umano e diretto con bambini e ragazzi ci ha realmente permesso di capire al meglio come relazionarci con l'intera comunità residente. Si trova qui, in questa chiave, una delle più preziose opportunità offerte dal mondo del Servizio Civile. 

Le prime volte in cui siamo andati al Parco dei Murales di Napoli Est per avviare il laboratorio rap svolto dal volontario Francesco, si avvertiva un certo distacco da parte dei bambini che sembravano infatti principalmente diffidenti, a parte pochi interessati. Sapevo che, al termine dell'anno scolastico in corso, avremmo dovuto iniziare nuovi laboratori ludico-creativi con e per la comunità ed ero consapevole dell'importanza dell'approccio e di quanto questo potesse essere difficile nelle prime fasi. In principio, infatti, sembrava quasi parlassimo lingue diverse. Io, così come gli altri due volontari Emanuele e Manuela, sembravo troppo ingessato nel mio ruolo mentre loro, i bambini, erano troppo schivi per farci strada. Come fare a far scoccare la scintilla tra di noi?

L'ispirazione è arrivata proprio dalla street art e nello specifico dall'opera realizzata da Rosk&Loste, una delle più grandi del Parco dei Murales, che affaccia sul campetto da calcio. Ed eccola qui l'idea: una partita di pallone! Ogni giorno su quel campetto si consumano ore ed ore di partite: non ci sono divisioni in gruppetti tra giocatori grandi o piccoli, ma solo due squadre affiatate perché è necessario semplicemente  essere compagni leali per vincere!


È così che Raffaele, un bimbo che incontravamo ogni volta che passavamo al Parco, ha imparato a ricordare i nostri nomi, anche se ci sono voluti quattro mesi! È così che Emanuele, mai visto durante le ore di laboratori né in giro per il Parco, s’è messo a raccontarci della sua passione per il calcio e dei suoi tornei estivi fuori Napoli. È così che Carlo e Mario, insieme a Ciro ed Enzo, non c’hanno più considerato degli estranei.  

Non abbiamo scoperto nulla. Il calcio, così come lo sport in generale, è aggregazione e partecipazione. Ma la comprensione del luogo, delle persone che vi vivono e l'aver arginato il frequente "disinteresse di periferia", ci ha permesso di trasformare, anche se ci è voluto un po' di tempo, una semplice idea in una reazione positiva e soprattutto in un'esperienza formativa. Abbiamo così dato vita ad  un legame più solido con bambini e ragazzi, trascorrendo insieme dei momenti costruttivi e divertenti, creando contemporaneamente fiducia. Ora siamo davvero pronti per affrontare attività durante il lungo e caldissimo periodo estivo!