Webcam girl. Tremate tremate le universitarie son tornate ma stavolta più... "informate"!
"La mia ragazza fa un part-time e fa la webcam girl…porta a casa 2000 euro al mese…è un problema?" Continua ed anzi si decuplica il fenomeno delle webcam girl (di Veronica Centamore)
Vi ricordate le studentesse di una volta... quelle che facevano il volantinaggio o le "banali" babysitter per mantenersi agli studi? Beh! Dimenticatele... quelle di oggi sono molto più... "sveglie e informate!" Secondo una ricerca condotta da Studenti.it, sito famoso tra i giovanissimi, sarebbero 75 mila le studentesse che sfruttano il loro corpo per potersi pagare gli studi, pari al 25% delle 350 mila studentesse lavoratrici presenti in Italia.
Tra queste 75mila vengono conteggiate però anche escort, cubiste, ballerine di lap dance e chi si prostituisce. Si chiamano webcam girl e sono le nuove studentesse universitarie le quali turbano le ore di molti "naviganti" in cerca di sirene di ulissiana memoria ma molto più intraprendenti delle stesse. Le webcam girl sono ragazze "normali" che conducono una vita "normale" fuori da intenet ma che appena accendono il pc subiscono la trasformazione: da studentesse modello (magari) a consumate spogliarelliste e tutto questo per poter usufruire del cosìdetto "diritto allo studio". Molte usano questo mezzo per potersi mantenere agli studi attuando tale pratica tra una pausa e l'altra dello stesso (mentre quelli della vecchia generazione si limitavano a prendere l'ennesimo caffè della giornata per tenersi perennemente adrenalitici) “La cam girl - racconta Helen 25enne, milanese, autrice de "Diario di una webcam girl"- è una ragazza che si spoglia davanti ad una webcam; ma il rapporto con l’utente non si limita solo all’ambito sessuale, c’è chi paga anche solo per parlare (delle nuove psicologhe insomma).
Il sito, a cui ci si può iscrivere tranquillamente da internet dando solo dati e coordinate bancarie (alla faccia del solo!) ha alcune regole ben precise: per esempio non si possono mai avere incontri personali con i clienti, tutto deve rimanere virtuale, non si possono dare privatamente dati per i quali si deve pagare, come il telefono o la mail: alla fine, di tutto quello che ricavi, ti spetta di diritto il 40%, che viene direttamente accreditato sul tuo conto corrente”. In realtà molte ragazze fanno queste "virtuali esperienze lavorative" non soltanto per necessità. Molte lo trovano un gioco intrigante e perchè no, pure remunerativo ma non certo lo si deve far passare come l'unico mezzo possibile per poter soddisfare la voglia di sapere, spesso sono altre le voglie di cui ci si vuol soddisfare. Bisognerebbe ammetterlo ed essere onesti con se stessi senza trincerarsi sempre dietro alibi di degno rispetto altrimenti si finisce pure col giustificare, comprendere e compatire anche chi si prostituisce per puro piacere (e sono molte ad affermarlo). Basta col cercare sempre il risvolto psicoanalitico dove non c'è mai stato.
“Dietro questo fenomeno si riscontra solitudine e esibizionismo, l’utilizzo del proprio corpo come prodotto morto, perchè non ha vita, non esiste, è virtuale – spiega Rita Parsi, psicologa- non c’è neanche più il contatto fisico e la conoscenza che si aveva con la prostituzione. In più in un mondo dove si sente sempre più parlare di aggressioni e violenze lo schermo diventa un protettore, dà la possibilità di una revanche malata, provocare senza rischiare nessuna conseguenza, per provare sensazioni di potere». Mah! Potrebbe pure essere una semplice perversione e basta, se poi si guadagna pure... "La mia ragazza fa un part-time e fa la webcamgirl…porta a casa 2000 euro al mese…è un problema? Non è sola, non è particolarmente esibizionista, non passa le giornate in webcam…lo fa quando le pare. Cosi facendo mi sembra ben remunerata. Non si sporca, nessuno la tocca." (Franz — 21 settembre 2008 @ 12:44 ). Chissà che ne direbbe Freud. Siamo d'accordo con Franz ognuno nella vita sceglie di fare ciò che più gli aggrada questo grazie al libero arbitrio ma strumentalizzare lo studio è una cosa da vigliacchi.
E' più onesto dire che lo si fa perchè piace e contemporaneamente è anche remunerativo. Buon per loro. Molte altre appartengo alla schiera delle "bigotte" che hanno fatto una scelta più "umile" ma dignitosa (come quella di lavorare in un call center, ad esempio). Senza nessuna mercificazione, portando ugualmente a casa una laurea e una dignità. Questione morale o di stile?