Forze Armate. "Scuole militari in rosa"

di Anna Laudati

Al via presso le scuole dell'Esercito italiano, di Napoli, Milano Firenze, l'ingresso del gentil sesso (di Bruna Caiazzo

foto._donne_militari._repubblica.it.jpgIn tutto 40 ragazze, che saranno le prime a sedere sui banchi di scuola accanto ai  loro colleghi maschi. Martedì, invece, prima apertura alle donne nell’ istituto navale "Francesco Morosini" di Venezia: tra i 51 allievi del primo corso si schiereranno  ben 9 ragazze. Qualcuno l’ha già definita una «rivoluzione  in rosa», forse esagerando un po’;  ma il fatto che le donne indossino per la prima volta un’ uniforme è sicuramente un passo in avanti. Un segno del progresso per l’uguaglianza uomo- donna in quello che è il difficile terreno militare; una volta ad esclusivo appannaggio maschile.

Una rivoluzione storica, questa, che andrà ad inserirsi nell' importante fase di mutamento in atto nelle Forze Armate italiane. Ad oggi infatti, le donne costituiscono circa il 7% dell’intero corpo militare, un numero cospicuo  paragonabile a quello degli altri paesi europei, sebbene l’Italia sia stata  l’ultima ad aprire il reclutamento  rispetto alla Francia, che recluta donne nelle FF. AA. da oltre 50 anni, seguita da Regno Unito, Germania e Spagna. Per accedere alla scuola militare  devono essere sostenuti e superati numerosi esami che prevedono un test preliminare di cultura generale e psico-attudinale, una prova di educazione fisica e accertamenti sanitari. Per ora, le nuove allieve assieme ai loro compagni, hanno tenuto lezioni di «vestizione»: ovvero come indossare la divisa!

Ora ci si chiede, saranno capaci di seguire a pieno gli impegnativi bioritmi della scuola? Ma soprattutto si potrà affermare che il binomio donne e forze armate, prima insanabile, è stato di gran lunga superato?

Se si pensa al fatto che l’esclusione delle donne dall’esercito comportava l’esclusione di queste ultime dalla vita pubblica, dallo Stato, dal voto e in generale dalla cittadinanza; allora la risposta è sicuramente si. Il superamento di queste esclusioni ha coinciso con una radicale trasformazione delle attività dell’esercito, che sono ora rivolte prevalentemente al mantenimento della pace, ad attività di sostegno nei confronti di popolazioni in difficoltà e non più alla guerra in senso proprio, e ciò in conformità di quanto afferma l’art. 11 della nostra carta costituzionale che così recita: «L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia tra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo».

Ora bisognerebbe domandarsi: “ esistono ancora gli ideali, o l’attività militare è diventata esclusivamente una professione?”