Hit the Bitch: campagna shock contro la violenza sulle donne

di Anna Laudati

Il messaggio è chiaro: "sei un perdente violento, game over!" (di Monica Scotti)

hit-the-bitch1.jpgHit the Bitch, “picchia la puttana”. Si chiama così la campagna sociale contro la violenza domestica e sulle donne lanciata in Danimarca, che tante polemiche sta alimentando in Europa. Lo spot è pensato per assomigliare a un videogioco: gli internauti accedono al portale www.hitthebitch.dk, dove viene loro chiesto di scegliere tra mouse e webcam per interagire coi “personaggi”, o meglio il personaggio.

Fa subito il suo ingresso una ragazza dai lunghi capelli castani che si rivolge a chi siede al di là dello schermo, è bella, giovane e non ha paura di parlare “non puoi dirmi cosa fare, scelgo io con chi ballare”, in sottofondo musica e rumori da discoteca. La situazione è quella di una tipica lite tra fidanzati. Inizia il gioco. All’internauta viene data la possibilità di colpire la ragazza, tutto quello che si vede è una mano che si avventa sulla donna, ad ogni schiaffo la barra di status del giocatore si modifica, passando da 100% pussy, “codardo” che non alza le mani sulla propria donna, a 100% gangsta, “vero duro” capace di disciplinare chi disobbedisce. Tredici ceffoni in tutto per finire il gioco, la ragazza, in lacrime e col volto tumefatto, si accascia al suolo.  Una voce recita “100% gangsta, ma anche 100% stupido” e ancora “Non è stato da duri colpirla. Hai perso il gioco quando hai alzato le mani la prima volta. Non ci sono scuse. Nessuna!”. Il messaggio è chiaro: sei un perdente violento, game over. Una campagna rivolta ai teenager, che si serve della loro lingua e dei loro strumenti: un gioco in cui una donna è presa a schiaffi ma ogni colpo va davvero a segno nello stomaco di chi guarda.

E le polemiche non mancano, soprattutto in rete, nei blog e nei social network come facebook.  “E’ devastante” commenta un anonimo internauta. Non è la prima volta che la violenza approda nel mondo dei videogiochi (fece scalpore anni fa l’uscita sul mercato di GTA, videogame il cui protagonista faceva carriera nelle file della malavita dedicandosi ad attività quali furti, omicidi e gestione della prostituzione), ma è la prima volta che per denunciare una forma di violenza si usa il format di un videogioco. “ Non so che pensare, i propositi di questa campagna sono buoni, ma come si può continuare a colpire una ragazza solo per vedere cosa succede dopo e leggere il messaggio finale? Io non ci sono riuscito…non ce l’ho fatta. Forse funziona di più così”. Opinioni simili si leggono nei forum di discussione, dove non mancano commenti sulla tendenza dei media italiani ad “indorare la pillola”: “Perché non traducono il gioco letteralmente? Sui giornali leggi “Picchiala” o “Picchia la sgualdrina”, a che serve mitigare il nome di una campagna così brutale? Mi sembra una scelta ipocrita”. Intanto in Danimarca sono quasi 72mila gli utenti che hanno visitato la pagina con il gioco-shock il primo giorno.