La nuova danza di ricerca scommette sui giovani
ZEROGRAMMI compagnia rivelazione degli ultimi anni, porta i suoi lavori in tournée fra Bergamo, Roma, Ferrara, Parma, Piacenza, Napoli ed Helsinki (di Paola Pepe)
Oggi è davvero difficile rintracciare la danza contemporanea al di fuori dei festival e delle vetrine di settore. Eppure in sordina, lontano dai riflettori e dai grossi nomi, molti giovani portano avanti un interessante lavoro di ricerca. Davvero pochi, purtroppo, quelli che riescono a crescere e ad imporsi nel panorama nazionale. Fra questi, TEATROFFICINA ZEROGRAMMI gruppo emergente nato a Torino nel 2006 per volontà di Stefano Mazzotta ed Emanuele Sciannamea, coreografi e danzatori, entrambi diplomati presso
Della compagnia fanno parte anche i giovanissimi Chiara Guglielmi, Chiara Nichelini danzatrici, Fabio Chiriatti drammaturgo, Martim Pedroso, regista, Carlotta Occhiena per i progetti di Teatro ragazzi. La loro scelta di costituire un gruppo è stata coraggiosa, visti i tempi di crisi ma anche di ricchezza di proposte. La compagnia prende il nome, come affermano gli stessi fondatori, da “quel particolare stato di grazia che ci permette di vedere le cose, dalle più semplici alle più complesse per quello che sono, finalmente intelligibili, palesarsi tutte nella loro forma più elementare, con un peso pari a zero, come il verso di una poesia, come la musica. Quando questo stato si realizza, le cose del mondo diventano chiare, ed il sentimento che deriva dal contatto con esse, che vorremmo spiegare con parole, non ha più bisogno di parafrasi ridondanti, esemplificazioni, per essere comunicato”.
Dopo la consueta gavetta e un periodo di collaborazione con alcuni fra i più importanti artisti e danzatori, Stefano Mazzotta ed Emanuele Sciannamea iniziano il loro percorso coreografico producendo la loro opera prima Zerogrammi, dal nome della compagnia, spettacolo insignito del Primo Premio di Coreografia Festival Oriente e Occidente 2008 e Premio Miglior Spettacolo Festival Giocateatro 2009, “per l’originalità del percorso di ricerca e le eccellenti qualità performative dei due danzatori, che generano uno spettacolo poetico, giocoso e ironico, godibile a più livelli di lettura”. Inri è la loro seconda creazione. In cantiere tanti altri progetti. I lavori della compagnia torinese, avvicinano il pubblico alla dialettica e alla poesia della danza contemporanea e sono fortemente caratterizzati da un segno coreografico frutto della contaminazione col teatro. Comunicano attraverso il corpo e parlano il linguaggio del gesto, senza modelli codificati.
Spazio, tempo, corpo e suono sembrano mescolarsi alla perfezione. “Bisogna essere disposti ad allontanarsi dalla danza pura – affermano i fondatori - a contaminare, a portare l’ironia in primo luogo su se stessi”. Ecco perché la loro ricerca si orienta verso nuovi moduli espressivi che restituiscono il forte legame tra esteriorità e interiorità, tra forma e contenuto. Il gesto è un gesto nuovo, particolare, studiato nei minimi dettagli e al tempo stesso, modificabile. Il personaggio principale dei loro spettacoli è il corpo; la loro danza aspira ad essere fortemente espressiva e a legarsi concretamente alla vita. E così che sorprendentemente, attraverso il linguaggio delicato della coreografia, lo spettatore scopre di volta in volta, significati diversi.
Tutto questo è facilmente riscontrabile nel loro primo lavoro dove con l’aiuto di danza, teatro, clownerie e mimo da film muto, il corpo ritrova il gioco, torna bambino e riscopre la bellezza del movimento. La poetica del gruppo, insomma, restituisce alla danza la leggerezza di un linguaggio diretto, colorato, poetico “Amiamo sentirci dei clowns, dichiarano Stefano ed Emanuele, caratteri possibili e improbabili al tempo stesso. Questo è il genere di verità che ci preme di proporre sulla scena […] in una veste che vogliamo con ogni forza emulatrice della poesia, ugualmente illogica, fresca, irregolare eppure disciplinata, spessa, chiara, naturale. Organica. Quando questo accade si svelano magicamente tra la platea centinaia di storie, che non avremmo mai pensato di raccontare”.