In viaggio tra i giovani della seconda generazione. Servizio civile aperto agli stranieri?

di Anna Laudati

Bassam Elsaid, 23 anni, piemontese, genitori egiziani, di professione interprete: “Chiedo di poter servire la mia nazione con il servizio civile nazionale attraverso progetti di sviluppo, dialogo e inclusione sociale per i 12 mesi che la legge prevede”. "Sono felice che qualcuno abbia voglia di sentire la voce di un giovane italo/arabo che sogna di poter vivere la sua vita nel migliore dei modi in  un glorioso Paese come il nostro" (di Gianfranco Mingione)

 

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Da sempre attento ai giovani e alle politiche giovanili, il nostro giornale inizia questo percorso, sotto forma di viaggio, volto a conoscere i cosiddetti Giovani della II generazione, figli di immigrati, nati in Italia, che studiano, lavorano, sono impegnati nel sociale e in vari campi professionali. Con loro rifletteremo e discuteremo ogni mese dell’Italia di oggi, di quanto è importante lo scambio e la condivisione della diversità culturale; di cosa significhi rispetto, comprensione e riconoscimento dell’altro; di quali progetti e prospettive stanno emergendo nel Paese reale, quello che vive nelle piazze e parla con la voce dei giovani. Il nostro primo incontro è con Bassam Elsaid, 23 anni, piemontese, genitori egiziani, di professione interprete, appassionato di ippica e tiro con l’arco, oltre che Pioniere della Croce Rossa Italiana. Bassam ci spiega cos’è per lui il Servizio civile, perché è importante farlo e soprattutto perché nell’Italia del 2010, a ragazzi come lui sia ancora negato l’accesso ad un servizio per la patria così importante. Infine, vi siete mai chiesti cosa significhi essere un giovane  della seconda generazione al di là dei concetti ridondanti che girano nella rete? Con Bassam iniziamo a comprendere qualcosa di diverso ovvero cosa significhi essere, vivere, come un giovane della seconda generazione. E’ qui è veramente il problema. 

Servizio civile si, servizio civile no. Cosa pensi di alcune leggi regionali che hanno aperto le esperienze di Servizio civile ai giovani stranieri residenti sul territorio italiano? Puo' la difesa della patria in modo non violento essere un mezzo di inclusione sociale e scambio culturale? Mi sono informato più volte sul servizio civile nazionale, ma purtroppo mi è sempre stato detto che per poterlo fare, dovrei avere la nazionalità Italiana. Mi sono sempre chiesto il motivo, e mi hanno spiegato che il servizio civile giuridicamente risponde alla legge 64/2001 che lo lega al concetto di difesa della patria e pertanto l’apertura a tutti sarebbe quasi incostituzionale (leggi da esseciglog.it  la posizione a riguardo del Sottosegretario Giovanardi nell’articolo). Ora, mi chiedo io cosa c’è di incostituzionale nel fami servire la terra nella quale sono nato, vivo, studio, sogno, amo e forse mi sposerò. Le mie prime parole sono state in italiano, non di sicuro in arabo. Sono Pioniere della Croce Rossa Italiana dal 2007 con la quale ho partecipato a diverse emergenze profughi, ho vissuto 10 giorni in Abruzzo, traduco arabo per la procura di Cuneo e Mondovì, il mio sogno è poter fare da ponte un giorno tra il mondo arabo e quello occidentale servendo l’Italia come paese che mi ha fatto da culla e l’Egitto come paese delle mie origini. Eppure, io non sono adeguato per servire la mia terra, dove mangio come tutti polenta, bagna Càuda ma anche cus cus, kebak e tante altre cose.

Forse chi ha il potere di cambiare le cose non si rende davvero conto che stiamo semplicemente chiedendo di essere una risorsa per il paese e non un problema. E’ possibile che Bassam e Marco non saranno mai uguali, e che Marco è al giorno d’oggi italiano solo perché se lo trova scritto su un documento mentre io sto facendo di tutto per meritarmelo? Faccio notare l’uso della parola “meritare”, perché ci tengo che sia chiaro, la cittadinanza deve essere un diritto/premio a chi sogna, si impegna e spera nel nostro collettivo futuro. Io non ho molto da dire, mi sono confrontato con politici, con magistrati, amici, genitori, preti e tutti mi dicevamo “ma quindi tu sei italiano”; ebbene, sulla base di questo, io chiedo di poter servire la mia nazione con il servizio civile nazionale attraverso progetti di sviluppo, dialogo e inclusione sociale per i 12 mesi che la legge prevede. L’apertura del servizio civile attraverso delle leggi regionali come è successo in Emilia Romagna è un passo significativo, portatore di valori di inclusione sociale che dovrebbero essere da esempio a tutta la nazione.

Mi identifico perfettamente in un disegno politico che porti gli extracomunitari ad avere una chance di pari opportunità costituzionale, soprattutto adesso che il mondo giurista si confronta sul reale significato di “difesa non armata”. Il resto delle polemiche, lasciano un po’ il tempo che trovano ed io mi chiedo se non sia meglio, anziché puntare il dito l’uno contro l’altro, compiere lo sforzo di unire le nostre mani, per il miglioramento del nostro paese e il nostro futuro come cittadini di una nazione avanzata, civilizzata e soprattutto Umana.

Chi è un giovane della seconda generazione e cosa significa esserlo nell'Italia del 2010? Non so se possiamo dirci giovani della seconda generazione. Attorno a me vedo che nel quotidiano non siamo una seconda generazione, ma siamo trattati come i nostri genitori, anzi forse c’è un po’ di astio perché come loro non siamo, ma non siamo neanche come gli “altri”. E quindi cosa siamo? Trovo nel cartone di Balto la nostra reale definizione “non è cane non è lupo, sa soltanto quello che non è”. E’ esattamente questa la nostra condizione, viviamo costantemente in lotta contro diversi valori, il che non significa contrastanti, ma solo diversi.

La nostra ricchezza più grande è quella di poter guardare con occhi più critici ogni cultura che ci circonda, abbiamo una conoscenza linguistica più vasta, siamo un collegamento tra due mondi che si sono sempre fatti la guerra. A noi non sta bene il burca, ma nemmeno la totale esibizione del corpo della donna come se fosse oggetto; a noi non importa barba lunga o barba corta; a noi non vanno bene i sistemi dittatoriali dei nostri paesi; noi siamo a sostegno dei diritti umani, dell’uguaglianza; non sosteniamo le guerre come metodo per risolvere le controversie internazionali. A noi non vanno bene gli scontri tra cristiani e mussulmani perché siamo fratelli nelle nostre fedi e chiediamo il rispetto reciproco. Chiediamo il rispetto della costituzione, delle regole e delle problematiche del nostro paese.

bassam_elsaid_2.jpgOggi, nonostante io sia nato a Torino e viva qui da 24 anni, rinnovo comunque il mio permesso di soggiorno, arrivo allo sportello e il funzionario mi dice “tu capisci la mia lingua” al che io sorrido e gli rispondo dandogli del lei e usando un italiano probabilmente più rispettoso del suo. Non posso votare, non partecipo alla vita politica del mio paese, eppure ogni legge, ogni politico e ogni decisione mi influenza quanto un italiano. Non sono completamente considerato extracomunitario, perché là dove faccio comodo vengo considerato: sono scomodo in Italia, ergo non voto, servo per l’esercito, ergo l’Egitto mi chiama, hanno bisogno di un interprete in procura, allora mi chiamano, ma se voglio lavorare come dipendente pubblico non va bene. Insomma, sono un qualcosa che vive la sua vita a metà.

Avete idea di cosa significhi saper parlare così bene l’italiano da voler sfogarsi e confidarsi con una madre che purtroppo non ha il medesimo livello linguistico? Sapete cose significhi avere una fidanzata piemontese per quasi 3 anni senza mai condividerlo con la famiglia? Tutto ciò per dire che non è facile crescere su questo confine così insidioso e poco chiaro, ci serve una mano, abbiamo bisogno che qualcuno ci tenda una mano, per aiutarci a trovare una nostra collocazione abbiamo bisogno di sentirci presenti, funzionari, poliziotti, colonnelli, maggiori, ufficiali, votanti, politici e ovviamente Persone come tutti.

Per concludere, non ho tante parole, sono felice che qualcuno abbia voglia di sentire la voce di un giovane italo/arabo che sogna di poter vivere la sua vita nel migliore dei modi in  un glorioso Paese come il nostro.