Servizio civile. Riforma e partecipazione: non tutto è perduto. Parla Cristina Peppetti, volontaria in Consulta

di Anna Laudati

“(…) Più di tutto, è fondamentale il dialogo tra il Governo e le associazioni. Senza quello, non si arriva da nessuna parte.” Con Cristina Peppetti, che siede in Consulta Nazionale con gli altri tre Rappresentanti dei volontari, affrontiamo due grandi temi d’attualità per il servizio civile e la rappresentanza: la crisi di partecipazione e la difficile riforma di sistema da portare a compimento. Molto resta da fare, ma non mancano segnali positivi. (Gianfranco Mingione)

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Cristina, dai dati raccolti dall'Ufficio Nazionale, si nota un incremento positivo dei partecipanti alla IX Assemblea nazionale dei delegati regionali dei giovani in servizio civile, tenutasi a Roma nei giorni 26-27 giugno 2010. Si può parlare di un primo passo per contrastare la crisi di partecipazione da parte dei delegati? 

Stanno imparando cosa significa essere cittadini, e sono tornati alle loro realtà, dopo questo incontro di due giorni, pieni di materiale su cui poter lavorare. Importante è l’efficiente sfruttamento dei vari strumenti di comunicazione attraverso il quale i delegati mettono in circolo idee e proposte. I nuovi eletti stanno dimostrando di essere in grado di raccogliere la pesante eredità che hanno lasciato coloro che, negli ultimi anni, si sono impegnati per cambiare le cose e per fare acquisire alla Rappresentanza una credibilità sempre maggiore.

Ho visto in questi ragazzi la consapevolezza di che cosa significa cittadinanza attiva e collaborazione, la preoccupazione per il futuro del Servizio civile, e la chiarezza riguardo gli obiettivi a cui mirare, tra cui c’è il rilancio dei valori propri del Servizio civile stesso. 

E' da diverso tempo che si discute di riforma del servizio civile. In questi ultimi mesi sono emerse chiaramente le divergenze tra il Governo, che promette di non smantellare il Servizio civile e intende procedere verso una sua regionalizzazione per sopperire alla mancanza dei fondi, e le associazioni, o meglio Enti di servizio civile, preoccupati che un'eventuale errata interpretazione della regionalizzazione possa solo nuocere ai volontari e ai progetti. Credi si riuscirà a trovare un punto d'accordo? Ci sono novità in tal senso? 

Personalmente, con profondo rammarico, mi rendo conto che il nodo centrale è sempre lo stesso: la gestione dei soldi. Ed intanto il Servizio civile rischia di diventare un’esperienza per pochi privilegiati, o peggio ancora, in alcuni casi, puro assistenzialismo.

Vengono presi provvedimenti che hanno risultati solo provvisori. Alla commissione affari costituzionali è in discussione una riforma della legge 64 che nel 2001 ha istituito il Servizio civile, col fine di liberare un terzo dei fondi da poter destinare agli enti. Il problema resta sempre lo stesso: c’è bisogno di investimenti aggiuntivi e spostare le risorse da una parte ad un’altra, non può portare alla soluzione di nessun problema. Intanto 20 milioni di euro vengono investiti in un esperimento come quello della mini-naja sull’utilità della quale, è stato più volte ribadito, c’è un profondo scetticismo.

Ritengo che per costruire un punto di accordo sia necessario partire da una gestione più idonea dei fondi, che inoltre devono essere stanziati in quantità maggiori. Inoltre sarebbe più efficace partire da un numero minimo di volontari da garantire ogni anno, e poi trovare i fondi necessari per avviarli, piuttosto che il contrario, come si è fatto finora. E più di tutto, è fondamentale il dialogo tra il Governo e le associazioni. Senza quello, non si arriva da nessuna parte.