La Caritas Italiana tra servizio civile, formazione e comunicazione. Intervista a Francesco Spagnolo

di Anna Laudati
“Il verbo educare si coniuga all’infinito. I giovani vogliono stare tutti insieme a servizio degli altri” (di Anna Laudati) 

francesco_spagnolo.jpgFrancesco Spagnolo, pugliese, è impegnato da molti anni nell'ambito educativo e formativo, anche se i suoi studi sono stati in ambito scientifico. Obiettore di coscienza nel 1998 presso la Caritas diocesana di Otranto, si è occupato dell'accoglienza dei profughi e di comunicazione. Ha portato questa passione prima a Firenze, dove ha studiato, e poi a Roma, dove ha seguito un progetto sperimentale di servizio civile presso l’Azione Cattolica Italiana dedicato alla formazione e all'animazione. Da due anni lavora per Caritas Italiana e si occupa, tra l'altro, del sito istituzionale e di esseciblog, un blog di informazioni dedicato esclusivamente al servizio civile, che segue dal 2005.

 

Esseciblog quando e come nasce e cosa farà da grande? Esseciblog (www.esseciblog.it) nasce nel 2005 per scelta del Tavolo Ecclesiale per il servizio civile, un coordinamento di organismi della Chiesa italiana che dal 2003 vuole promuovere il servizio civile e proporlo a tutti, in modo particolare ai giovani. È stato per questo naturale pensare ad uno strumento di comunicazione “giovane” come il blog, per riuscire a fare arrivare tutta una serie di informazioni sul servizio civile. Nel tempo, i temi toccati sono stati molti: oltre al servizio civile, abbiamo sempre ricordato l’obiezione di coscienza, seguito lo sviluppo delle leggi, raccontato le esperienze e le iniziative dei giovani in servizio. Abbiamo realizzato degli speciali e degli approfondimenti, tipo quello per “san Massimiliano”, l’incontro nazionale dei giovani in servizio civile di Caritas Italiana e di altri enti, promosso sempre dal Tavolo ecclesiale. Agli inizi facevamo un “lancio” di notizia ogni due-tre giorni, ora ne facciamo almeno due al giorno. Siamo cresciuti nei contatti e forse è ora di cambiare un po’ pelle, non solo nella grafica, come in fondo ogni anno cambiano i giovani e cambia il servizio civile stesso. .

Lei si occupa di formazione in giro per l'Italia? Ci racconti in breve quest'esperienza. La formazione è un po’ la mia passione, che mi porto dietro dai tempi del mio impegno con l’Azione Cattolica e in parrocchia. Non è proprio il mio lavoro principale, ma è una cosa che mi piace fare e che sto anche studiando a livello universitario. Il mio impegno di recente è stato con alcuni i giovani in servizio civile, occupandomi della cosiddetta “formazione generale”. È molto bello confrontarsi con loro su temi come l’obiezione di coscienza, alla nonviolenza, alla giustizia… Cercare di “ridirle”con parole nuove, perché sempre nuove le persone che hai davanti, quindi rispettandole nella loro unicità, ma anche sapendo del valore di quello che stai proponendo, perché importante prima di tutto per te. Poi, certo, non è facile: le generazioni dei ragazzi stanno cambiando molto in fretta, eppure sai che il lavoro con loro è un investimento sul futuro, il verbo “educare” si coniuga all’infinito…

Fare volontariato cambia le persone per sempre? Direi di sì, e non solo perché ce lo confermano le ricerche. Poi bisognerebbe intendersi su questo “cambiamento”, perché anche il servizio migliore, se non accompagnato, non è detto che ti faccia cambiare in meglio e viceversa, un ottimo percorso formativo senza un’esperienza di servizio significativa, non serve. Ecco perché torna importante il discorso della formazione, che non può essere sganciata dall’impegno concreto e questo a sua volta non può essere isolato da un accompagnamento che non sia anche educativo. È un “circolo virtuoso” che va attivato e che dura per tutto il servizio, ecco perché in Caritas Italiana, ad esempio, il percorso formativo di accompagnamento vale per tutto l’anno, anche al di là delle scadenze istituzionali dei primi mesi previste dall’Unsc.

Il servizio civile in poche battute? Secondo lei "la gente " ha capito cos'è? Fosse semplice! Certo, di definizioni ce ne sono alcune, oppure basterebbe citare l’art. 1 della legge 64, dove il servizio civile è definito tra l’altro come un istituto “finalizzato a concorrere, in alternativa al servizio militare obbligatorio, alla difesa della Patria con mezzi ed attività non militari”. Tra l’altro, questo aspetto gli deriva direttamente dalla sua storia con l’obiezione di coscienza, nonostante da molte parti si voglia un po’ sminuire questo legame. Ma oggi il servizio civile è diventato un sistema talmente complesso che quella definizione è solo un punto di partenza. Cioè: è sicuramente quello, ma anche molto altro. Basta vedere le Regioni come lo stanno sviluppando, tanto che oggi si potrebbe quasi parlare di 21 “servizi civili” diversi. E questo purtroppo non aiuta la “gente” a conoscerlo, e anche tra i ragazzi si nota una certa confusione. C’è infatti anche chi lo presenta come un “lavoro”, chi come formazione professionale…, insomma oggi, forse, uno dei problemi è che non tutti rappresentano il servizio civile allo stesso modo. Giustamente, da più parti, si chiede a questo punto una riforma seria del servizio civile, a partire dalla legge stessa, tornando a dire una volta per tutte cos’è e cosa non è il “servizio civile nazionale”, ma in realtà l’art. 1 dell’attuale legge è già molto chiaro.

Cosa dice ad un ragazzo per invogliarlo a svolgere un progetto di servizio civile? Direi di buttarsi, di non fare troppi calcoli, e di impegnare un anno di vita non in scommessa, ma nella certezza di fare qualcosa di utile per gli altri e per sé. Il servizio civile è una buona occasione per mettersi alla prova, un “laboratorio di futuro” in cui si può anche sperimentare cose nuove e in cui scoprire che le cose donate tornano sempre indietro moltiplicate, soprattutto se date alle persone che hanno più bisogno di te.

Servizio civile volontario o obbligatorio? Volontario. Volontariamente si ci occupa degli altri. Magari sarebbe meglio se ci fossero tutti i vantaggi del servizio obbligatorio. 

Il servizio civile alla GMG 2008? Ci parli di questo progetto? È un progetto di Caritas Italiana realizzato insieme al Servizio nazionale per la Pastorale giovanile della Cei e alla Fondazione Migrantes. Partito lo scorso anno, ha visto 4 ragazze impegnate nel servizio quotidiano presso la comunità italiana di Brisbane, in Australia, e poi nella preparazione della XXIII Giornata Mondiale della Gioventù, che si è svolta dal 15 al 20 luglio scorso. Laura, Francesca, Cinzia a Miriam, questi i nomi della quattro ragazze, hanno anche un loro blog in cui hanno raccontato la loro esperienza, che continua anche nei prossimi mesi. Il progetto è stato importante anche perché ha concretizzato la collaborazione tra tre realtà del Tavolo Ecclesiale per il Servizio civile, e quindi mostrando come, rispetto a delle attenzioni comuni, si possa lavorare bene insieme. Nei giorni poi di svolgimento della Gmg, un gruppo di una ventina di ragazzi in servizio civile provenienti da tutta Italia ha raggiunto le altre ragazze per svolgere un piccolo servizio di sostegno ai 10.000 giovani pellegrini italiani presenti e soprattutto per promuovere fra di loro il servizio civile con stand, materiale informativo, testimonianze.

Leggendo alcune delle lettere dei ragazzi che hanno vissuto l'esperienza di Sidney emerge una sola voce: "Emozioni e comunione"? Ci racconti le testimonianze più toccanti? Ha mai vissuto un'esperienza del genere? Da quello che ho sentito e potuto leggere dai ragazzi in servizio civile che sono andati in Australia per la Giornata mondiale della gioventù, sicuramente l’aspetto dello stare insieme è una delle cose che emerge di più. Stare insieme non solo fra di loro, ma anche e soprattutto con altri ragazzi che condividono uno stesso cammino di fede o, comunque, uno stesso ideale di vita. Poi, certo, conta molto anche l’“avventura” di essere andati in Australia, magari di poter incontrare il Papa, ma più di tutto è il poterlo fare “con e per gli altri”, così come si vive in fondo il proprio servizio in Italia. Posso dire, per aver fatto questa esperienza tre anni fa a Colonia, che lo stare in mezzo a tanti altri giovani, essere lì per loro, per aiutarli nel loro “pellegrinaggio”, anche nella fatica, restituisce alla stessa parola “servizio” un timbro diverso, un suono nuovo, come quello dei nomi delle migliaia di persone che incontri in appena 5 giorni.