Amesci ad Associazione Mosaico su crisi del Servizio Civile

di Anna Laudati

Lettera aperta del presidente dell' ente campano Enrico Maria Borrelli pubblicata su Vita.it (di redazione)

amesci.jpgLeggo da Vita di questa settimana che il presidente di un ente di servizio civile lombardo, sicuramente attento ed addentro alla materia del servizio civile, traccia un’analisi della situazione attuale in cui versa, tra enormi difficoltà, il servizio civile nazionale. Sento il dovere di intervenire non soltanto per offrire un contributo all’analisi fatta, ma anche per chiarire alcuni aspetti di evidente complessità e, per tanto, preda di facili considerazioni. La più grande evidenza dell’attuale situazione di crisi è la scarsità di fondi destinati al servizio civile.

Bisogna constatare, non senza rammarico, che tanto il precedente governo quanto quello attuale hanno praticato una riduzione degli stanziamenti al Fondo Nazionale, portando le risorse disponibili da 290 milioni di euro nel 2007, ai 250 nel 2008, fino ai 171 nel 2009.

 

Dato già di per sé sconfortante, al quale si aggiungono ulteriori fattori aggravanti: l’8% di tassa regionale Irap ed il 25 di Inps, che gravano entrambe sul medesimo e sempre più esiguo fondo. E’ facile comprendere come da una totalità di risorse destinate al solo avvio dei giovani, con una piccola quota destinata al funzionamento dell’UNSC ed un’altra alla formazione dei volontari, si possa oggi ragionare su un fondo già decurtato a monte del 33% per le sole tasse previdenziali. A questa prima decurtazione si aggiunge poi anche il taglio del Fondo Nazionale per il quale sono stati stanziati come anzi detto, nella finanziaria attualmente in discussione, 80 milioni di euro in meno, pari ad un’ulteriore decurtazione del 33%. 

Da questa prima considerazione possiamo iniziare a ragionare su possibilità e necessità di un sistema complesso e in evidente crisi. La più immediata soluzione alla scarsità di risorse economiche sembrerebbe quella di un rimpinguamento del fondo nazionale attraverso un maggior stanziamento in finanziaria. Strada che non si può pensare di tralasciare e sulla quale il fronte degli enti nazionali è sicuramente impegnato con le attività e gli strumenti che gli sono propri, ovvero sensibilizzando il parlamento. Altra soluzione è la compartecipazione delle regioni al fondo nazionale, mediante lo stanziamento nelle finanziarie regionali di fondi destinati al Servizio Civile Nazionale, non già all’istituzione di un complementare servizio civile regionale.

Su questo fronte diverse regioni si stanno muovendo, sebbene con estremo ritardo, e tra queste spicca sicuramente la regione Campania che, anticipando la stragrande maggioranza delle regioni del nord, ha inserito nel nuovo disegno di legge finanziaria ben 2 milioni di euro, utili all’avvio di circa 200 volontari che si aggiungono ai quasi 2.000 finanziati dallo Stato. Un inizio, ne sono consapevole, ma decisamente più significativo di tanti altri e, per altro, efficacemente tarato sull’implementazione del servizio civile nazionale.

 

L’ipotesi di prevedere un confinanziamento degli enti trovo che sia decisamente meno appetita dalla stragrande maggioranza delle organizzazioni, e mi riferisco in particolare alle tante piccole associazioni di volontariato, che vedono nel servizio civile un’opportunità di crescita e non certo un appesantimento dei tanti oneri, organizzativi e finanziari, cui devono quotidianamente fare fronte. Talvolta si dimentica che gli enti sono già compartecipi dei costi del servizio civile, poiché devono far fronte, in forza dell’accreditamento cui sono tenuti, a tutti i costi organizzativi, logistici e di risorse umane gratuitamente impiegate. Il terzo settore, quale espressione organizzata della società civile, deve sostenere lo Stato nell’attuazione delle politiche locali in una logica di sussidiarietà, non finanziarlo.

 

Infine, poiché le speranze sono le ultime a morire, si può sempre confidare nella capacità di attrarre fondi privati a beneficio di tutto il sistema, ovvero del singolo progetto qualora un ente riesca ad intercettare l’interesse del privato. Mi chiedo chi, tuttavia, tra enti pubblici ed organizzazioni del terzo settore, possa vantare relazioni così robuste da attrarre milioni di euro. Il “fund raising”, così si chiama questa attività, è una capacità di pochi enti e non possiamo elevare il concetto di merito e di capacità a regola di sopravvivenza di un sistema pubblico. In tal caso resterebbero esclusi la maggioranza degli enti di servizio civile e questa scelta ha una valenza politica che travalica le presunzioni di efficienza di una sparuta minoranza di enti.

 

La questione nord-sud, storica quanto annosa, è presente anche nel servizio civile. Che al sud ci sia una maggiore partecipazione dei giovani è un dato acclarato, che sia dovuta al fraintendimento del servizio civile, percepito quale salario sociale, è quanto meno riduttivo. Anzitutto perché il salario sociale è cosa diversa, risponde a bisogni diversi e viene erogato per sussistenza. Nessun giovane in servizio civile percepisce indennità di sussistenza, poiché in tutta Italia i volontari concorrono alla selezione per meriti, capacità e motivazione. Al nord e in parte del centro Italia, la realtà sociale ed economica è diversa per cui il servizio civile risulta, nella fortunata e variegata opportunità di scelte, quella meno appetibile per i giovani. Sicuramente una riduzione del monte ore settimanale lo renderebbe più appetibile, ma ritengo che il servizio civile vada maggiormente integrato con le politiche formative e con quelle del lavoro per poter realmente rappresentare una proposta interessante per tutti i giovani, del nord e del sud.

 Incomprensibile risulta la tesi secondo la quale bisognerebbe assegnare ulteriori risorse per i progetti al nord a scapito di una distribuzione che fino ad oggi è avvenuta sulla base delle sole capacità progettuali degli enti e delle reali esigenze del territorio. Questo non è decentramento, è lottizzazione.

Fino a quando gli enti del nord contribuiranno ad una dispersione dei fondi pubblici, chiedendo posti di servizio civile che non riescono a coprire, mi sembra inopportuno parlare di maggiori stanziamenti per i loro progetti. Si verificherebbe unicamente una maggiore e più dannosa dispersione di fondi a scapito di territori che evidentemente esprimono giovani più attenti al tema del servizio civile. La mia riflessione non vuole avere alcuna cifra politica, meno ancora e a dispetto di altre tesi esprime un campanilismo cieco, si ferma invece all’analisi di un dato che nella sua inconfutabile evidenza è preoccupante.

 

Il prossimo 18 novembre Amesci ospiterà a Napoli il Ministro Meloni per la chiusura del progetto Articolo 4, frutto di quel citato bando speciale sulla legalità per Napoli, dove alla presenza di oltre 500 ragazzi si parlerà dei risultati, diretti ed indiretti, che questa esperienza ha portato alla città. Non crediamo che il servizio civile debba muoversi per emergenze com’è successo nel caso di Napoli, ma neanche che una sola esperienza possa averne determinato la crisi in cui oggi vessa.