Perle di servizio civile: "Miglioriamo il servizio civile"
Poichè "il volontario di servizio civile viene rimborsato, ... per loro non sei più “volontario”.Intervista a Paola, ex volontaria in servizio civile presso un'associazione (di Gianfranco Mingione)
Molte sono le esperienze di servizio civile raccontate sino ad oggi. La maggior parte di queste storie possono inscriversi nel “registro” delle storie a lieto fine, testimonianze di forte segno positivo. La storia di questa settimana, raccontata da Paola, offre un’ulteriore prospettiva di lettura e analisi di questo anno molto importante. Un punto di vista critico costruttivo che tocca aspetti salienti di un anno formativo, che spesso è lasciato in balia di regole poco chiare, mancanza di una chiara visione progettuale negli enti che accolgono i volontari e, soprattutto, in accorata attesa di una importante riforma di sistema per migliorare un servizio così giovane ma fondamentale per il nostro paese.
Paola. Perché hai scelto di svolgere il servizio civile e quale era la tua idea di servizio civile prima di intraprenderlo? Il Servizio Civile ha un grandissimo pregio: ti retribuisce per esplicare un servizio che, se hai un certo tipo di indole, ameresti svolgere per tutta la vita. Dedicarsi a obiettivi sociali sarebbe la mia professione a tempo pieno, se potesse essere anche la mia fonte di sussistenza. Ma così non è, e l’attività di comune volontario, per ognuno di noi, è strappata dai ritagli di tempo che le nostre vite da studenti, lavoratori, figli o genitori, ci concedono.
Quale migliore occasione allora, per me, era il SCN? Trovavo estremamente stimolante potermi dedicare ad un’attività no-profit con un piccolo rimborso spese, che non mi facesse eccessivamente impensierire della necessità immediata di trovare un’occupazione dopo aver concluso l’università. “Quando mi ricapita”, ho pensato, “di essere retribuita per svolgere un’attività che di solito eseguo gratuitamente, ma nei ritagli di tempo, e che mi fa un gran piacere fare?”. Ed eccomi qui, arruolata nel mondo del servizio civile.
Di cosa ti sei occupata? Mi sono occupata dell’area amministrativa, delle relazioni esterne con campagne e progetti di comunicazione e della segreteria.
I ricordi più belli e quelli meno belli? Spesso, i volontari, si trovano a vivere delle situazioni “culturali” che ancora devono essere metabolizzate dalle associazioni che ospitano il volontario civile, e vi spiego subito cosa intendo. Sovente il Servizio Civile, per le organizzazioni, è un palliativo gratuito per avere mano d’opera fissa da poter spendere in qualunque funzione, senza far comprendere alla “risorsa” il perché un giorno sta in ufficio, il giorno dopo fa l’autista, il giorno successivo il barista, l’animatore, e alla fine della settimana si sbobina tutti i verbali delle riunioni amministrative della settimana. (Siamo giovani e duttili, d’accordo, e molti di noi hanno vari e tanti talenti. Ma non tutti sono in grado di reinvestirsi di ruoli differenti più volte alla settimana, senza una motivazione abbastanza forte da fargli comprendere il perché necessiti di un trasformismo continuo e costante della sua funzionalità all’interno della missione). In questo consiste il primo grande problema che ho riscontrato nel volontariato non professionale: nella maggioranza dei casi non ti fanno capire per cosa stai lavorando.
E’ ovvio che su tale argomento dovresti già saperne parecchio, ma ci sono molti casi in cui ti ritrovi solo, dentro l’associazione, e scopo e fine incominciano a vacillare non trovando i giusti stimoli nelle energie che hai intorno. Molte grandi associazioni si strutturano in un lavoro così burocratizzato che i soci, alla fine, rischiano di perdersi nelle procedure e non ricordarsi più che cosa stanno facendo, per cosa stanno operando. E se non lo rammentano loro, figurati se sono in grado di spiegarlo a te. Addirittura potresti essere tu la chiave, e ribaltare il paradigma formativo ricordandogli tu qual è l’obiettivo per cui stanno (state) lavorando. Ma attenzione, c’è un altro grave problema che si può incontrare in questo percorso, e si chiama “l’orgoglio del volontario”.
Mi spiego meglio: il volontario di servizio civile viene rimborsato, e per loro non sei più “volontario”. Come tale è “a disposizione dei volontari” (quelli veri), che possono decidere di fargli fare contabilità come animazione ai bambini durante una festa associativa, senza che la cosa manchi di coerenza per nessuno, e della qual cosa lui non ha diritto di lamentarti poichè prende un rimborso spese per far ciò. Di fatto, non sono questi i grandi problemi dell’esperienza del servizio civile, ma ti possono comunque mettere in una situazione piuttosto antipatica. Per me è stato così. E di certo non mi hanno fatto perdere l’entusiasmo per il volontariato, che continuo a praticare con passione, ma vi assicuro che mi hanno tolto qualcosa nel campo della relazione con le persone, per cui ho perso un po’ di stima. Soprattutto per quelle persone che vivono nel volontariato semplicemente per sentirsi detentori di un ruolo di una qualche importanza, senza dare più nulla all’associazione, e molto spesso, remando contro a coloro che qualcosa di buono ancora lo vogliono fare.
Ad oggi, quale è la tua idea di servizio civile? Il principio ispiratore del servizio civile, di per sé, è la migliore invenzione della politica italiana per le attività giovanili da quando mi ricordi. I vantaggi sono evidenti e comprovati: un anno di conoscenza, responsabilizzazione, confronto, esperienza umana e professionale; ed io, nonostante alcune delle situazione culturali sopra accennate, di questi obiettivi di crescita, in quest’anno, non ne ho mancato uno.{jcomments on}